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Fermare per un anno la pesca per proteggere la fauna ittica, ma anche la stessa economia locale. “Il maestrale porta a Brindisi”, recita un adagio pugliese sulla pesca. E proprio da Carovigno verso Brindisi, da Punta Penna Grossa fino ad Apani, si estende l’area marina protetta di Torre Guaceto, riserva naturale ed esempio virtuoso di pesca sostenibile, dove le buone pratiche hanno permesso alle specie di crescere e diffondersi. Un progetto ideato dal Consorzio di Gestione di Torre Guaceto con il contributo dell’Università del Salento, in cui “artigiani del mare”, studiosi e volontari collaborano per preservare la natura e l’economia. E che per la prima volta in Italia sta avviando, in accordo con il ministero dell’Ambiente, un fermo pesca annuale che limiti i danni arrecati dalla pesca di frodo e tuteli l’area e il lavoro dei pescatori professionisti, protagonisti del progetto pilota e veri e propri custodi dell’oasi.

Il Consorzio di Gestione è stato costituito dai comuni di Brindisi e Carovigno e dall’Associazione Italiana per il WWF for Nature Onlus nel dicembre del 2000 per gestire l’area protetta terrestre e marina. I pescatori abilitati, dotati cioè di licenza specifica e residenti nei due comuni dell’area, possono normalmente calare massimo una volta a settimana le reti, rigorosamente a maglia larga per non intrappolare pesci di piccola taglia, fino a 20 metri di profondità e solo nell’area più esterna. Ma dall’avvio del programma di protezione, i pescatori di frodo periodicamente danneggiano l’importante lavoro condotto dall’ente di gestione, rischiando di vanificarlo. Così, dopo ulteriori studi scientifici e un confronto continuo con il comparto pesca, l’attività verrà fermata in tutta l’area, contrastando le pratiche illegali con un sistema di videosorveglianza e numerosi impianti in cemento dotati di grossi ganci, ideati per lacerare le reti e impedire la pesca a strascico.

“L’attività di contrasto alla pesca di frodo non è semplice. Agiscono di notte o all’alba e ovviamente, se ci accorgiamo troppo tardi dell’episodio, è impossibile che le forze dell’ordine intervengano in tempo. E a causa della pesca illegale la quantità di esemplari stava iniziando a diminuire”, racconta Alessandro Ciccolella, direttore del Consorzio. “Attraverso il programma Feamp (Fondo europeo per la politica marittima, la pesca e l’acquacoltura, ndr) abbiamo quindi ottenuto un finanziamento con il quale abbiamo realizzato una serie di interventi per impedire questa pratica. Oltre al sistema di videosorveglianza, abbiamo installato un pontile in modo che le forze dell’ordine possano partire direttamente dall’area per intervenire in maniera più rapida e tempestiva. L’attività illecita sarà insomma contrastata anche grazie alla collaborazione attiva della Guardia di Finanza e della Capitaneria di Porto”.

Nel periodo di blocco, per i primi 9 mesi, i pescatori che lavorano nella riserva aiuteranno il Consorzio nel monitoraggio marino all’interno della Zona Speciale di Conservazione Torre Guaceto-Macchia San Giovanni, area che va da Brindisi ad Ostuni e che include l’area protetta. “I lavoratori potranno continuare a pescare fuori dall’area, e verranno inoltre pagati per fare l’attività di monitoraggio”, spiega ancora Ciccolella. “I dati biometrici vengono ottenuti attraverso un’immagine fotografica. Si utilizza una tavola graduata dove vengono messi i pesci in base alla specie, riconosciuta direttamente dai pescatori, e dalla foto alla tavola ricaviamo il peso dell’esemplare. I dati vengono poi trasmessi all’Istituto di ricerca”. Negli ultimi tre mesi i lavoratori saranno invece impegnati nella verifica delle rese di pesca, per soppesare i risultati ottenuti dal fermo e permettere così al Consorzio di valutare le future misure di tutela.

Del resto, i benefici di abbandonare reti e palamito per periodi prestabiliti, i pescatori di Torre Guaceto li hanno già verificati in questi anni, non solo con i limiti che normalmente rispettano dal 2005, ma anche grazie a 5 anni di fermo scattati nel 2000. Un intervallo che aveva permesso alla fauna di riprodursi e crescere liberamente, e ai pescatori di ricominciare, una volta finito il lustro, a lavorare in maniera controllata e fruttuosa. “Ricordano sempre di quando tornarono a pescare, e uno di loro si mise a piangere e disse ‘io non ho mai visto così tanti pesci in tutta la mia vita’, un episodio che ancora adesso descrivono come ‘la pescata biblica’”, racconta Mariateresa Lanzillotti, responsabile comunicazione del Consorzio. “Abbiamo dimostrato che rispettando le regole il vantaggio è anche economico. E così sono per primi i pescatori a illustrare ai propri colleghi i vantaggi ottenuti nel tutelare l’ambiente, anche nell’ottica dei guadagni e della facilità del lavoro. I pescatori sono anche i custodi del mare”. Perché, se come afferma un altro adagio marinaresco, “meglio essere un marinaio povero, che un ricco birbante”, Torre Guaceto dimostra che non è necessario scegliere tra rispetto delle regole e guadagno, e che la protezione dell’ambiente protegge sempre anche il lavoro degli “artigiani”.

 

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