FANO Una bella impresa sportiva di cui inorgoglirsi ma anche un infallibile innesco per un dibattito che in questi anni non si è mai sgonfiato e che però, con la conquista dell’A2 di pallavolo firmata Virtus, guadagna posizioni in una campagna elettorale rispetto alla quale sembrava relegato alla marginalità.
Esigenza da vent’anni
Su quel palazzo dello sport di cui la città ha cominciato ad avvertire seriamente l’esigenza già più di vent’anni fa, quando la Virtus raggiunse addirittura l’A1, salvo poi essere costretta ad emigrare all’arena di Torraccia, esponendosi ad un bagno di sangue che fu una delle concause dell’immediata retrocessione e del successivo declino, è tornato ufficialmente per primo Cristian Fanesi, che però nel dare di nuovo voce, a distanza di qualche anno, alla necessità di un impianto «da almeno 3.000 posti», in qualità di titolare della delega all’impiantistica sportiva nell’amministrazione uscente, è tenuto a chiarire perché il processo per la costruzione del palas si sia fermato all’indicazione di un’area a Chiaruccia, dopo la costituzione di un’apposita consulta e anche un tour in alcune strutture di quelle dimensioni.
«No al project»
«All’epoca ero personalmente propenso ad adottare lo strumento del project financing ma non c’era unanimità di vedute sul punto. Allo stato attuale credo invece anch’io che quello strumento non sia più indicato, così come resto tuttavia convinto che sia irrinunciabile trovare forme di partnership con il privato» spiega il candidato sindaco del centrodestra, che in quel periodo pre-Covid si era anche speso per un concorso di idee «al quale oggi non parteciperebbe nessuno» e che dunque adesso si affiderebbe per la progettazione ad un professionista esterno, concordando che senza un progetto non si può concorrere ad alcun bando «e ai bandi dobbiamo puntare per rastrellare risorse, senza nasconderci che uno sforzo del genere impone di valutare anche sistemi di finanziamento diversi».
Almeno 13 milioni di spesa
Perché poi ai 10 milioni calcolati all’epoca se ne aggiungerebbero ora, almeno sulla carta, almeno altri 2 o 3 «ma questo non deve scoraggiare perché parliamo di un’opera che non servirebbe solo allo sport». Scartate dunque soluzioni al ribasso, come un impianto da 1.500, massimo 2.000 posti, che non solo frustrerebbe le prospettive di ulteriore crescita della Virtus, ma che difficilmente attirerebbe concerti, convention e altri eventi, anche sportivi, di profilo medio-alto.
L’ipotesi di Paci
Quella la dimensione che sarebbe ipotizzata nel disegno attribuito alla famiglia Paci, di cui si mormora da ormai un paio d’anni «e di cui anch’io non posso negare di avere sentito parlare. Non ne ho mai preso visione, però, né ho avuto modo di affrontare l’argomento con gli interessati, anche se, ribadisco, il ruolo del privato in questa vicenda resta fondamentale». Quanto invece all’area che era stata individuata anche in funzione di opere di urbanizzazione che sarebbero state a carico di Enereco, nell’ottica di un centro direzionale che ormai non prenderà più forma, «al momento resta quella secondo la decisione del consiglio comunale. Non avremmo comunque preclusioni a considerare altre opzioni».
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