Per anni, sindaci (tra cui quello di Siracusa), deputati regionali e nazionali, esponenti della Giunta Musumeci e poi della Giunta Schifani hanno sostenuto imperterriti che il nuovo ospedale sarebbe stato di secondo livello. Sin dall’inizio, assieme a Enzo Vinciullo, si è sostenuto chiaro e tondo che si trattava di una fandonia, scrivendo una montagna di articoli in merito.
Non si tratta di magie o stregonerie, ma con dovizia siamo giunti a tale risultato semplicemente leggendo il decreto ministeriale dell’allora ministro della Sanità, Balduzzi, per prendere atto che il bacino d’utenza di Siracusa non aveva i requisiti (popolazione compresa tra 600 mila e un milione e 200 mila abitanti, presenza di discipline sanitarie complesse) per classificare il nuovo ospedale come Dea (Dipartimento di emergenza e accettazione) di secondo livello.
E’ bastato che Salvo Sorbello e Donatella Lo Giudice, vertici dell’Osservatorio Civico, incontrassero a Solarino l’ex ministro Balduzzi per averne la conferma. Dopodiché nessuno di tutti quelli che hanno propalato “la grande bugia” ha aperto bocca.
In questi anni, si è detto che la previsione dell’ospedale di secondo livello era ufficializzata in alcune delibere della Giunta regionale, ma nessuno è stato in grado di dimostrarlo perché non poteva dimostrarlo.
Siracusa, ai fini dell’ospedale di secondo livello, ha zero abitanti, in quanto la sua popolazione e quella di Ragusa sono state inglobate nel bacino di Catania affinché la provincia etnea raggiungesse il numero di abitanti necessario per avere riconosciuti tre Dea di secondo livello. Questi sono i fatti e se qualcuno è in grado di smentirli si faccia avanti.
Ma la telenovela sul nuovo ospedale non è finita. Archiviata la “grande bugia”, il dibattito si è spostato sulla copertura finanziaria per la costruzione del nuovo nosocomio. C’è o non c’è? Ad oggi non c’è e lo dimostriamo. Sorvolando per il momento sull’impatto che avrà sui costi l’applicazione del nuovo tariffario regionale, in cassa ci sono oggi 200 milioni a fronte dei 347 milioni necessari per la realizzazione dell’opera. Altri cento milioni sono stati richiesti il primo marzo dalla Giunta Schifani a valere sull’art. 20 della legge 67/88.
A distanza di tre mesi da Roma non è arrivata alcuna conferma sull’esistenza di tali risorse; ciò non vuol dire che i 100 milioni non saranno erogati: vuol dire che fino ad ora non sono arrivati. Quanto ai restanti 47 milioni, in un comunicato diramato nel pomeriggio del 28 maggio è tra l’altro scritto che: «La Regione ha assicurato che l’Asp concorrerà con circa 47 milioni, al netto del ribasso d’asta e dei servizi di supporto non assistenziali per i quali potrà essere attivata la finanza di progetto».
Salvo eventuali sbagli, la tesi della Regione è questa: mettiamo a gara l’opera e utilizziamo il ribasso d’asta per quantificare l’esatto ammontare del contributo dell’Asp che, sulla base di un ipotetico ribasso di 25 milioni, sarebbe non di 47 milioni ma di 22 milioni. Quanto all’idea della finanza di progetto, non si riesce neanche ad immaginare come si dovrebbe attivare in pratica, tanto è cervellotica.
C’è però un problema con cui fare i conti ed è questo: per bandire la gara occorre che i soldi, cioè i 347 milioni, siano tutti disponibili, cioè in cassa. Ma ad oggi, lo ripetiamo, ci sono “solo” 200 milioni. A meno che non si intenda procedere per stralci, cioè spezzettare l’opera e operare con strumenti diversi, tra cui il project financing.
Se è questa l’intenzione, lo si deve dire con chiarezza e soprattutto bisogna verificare preliminarmente se il commissario straordinario, che è un ingegnere che conosce bene il suo mestiere, sia d’accordo. Speriamo di sbagliarci, ma iniziamo a temere che si possa produrre l’ennesima incompiuta.
di Salvo Baio 31 Maggio 2024 | 09:38
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