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Il diritto di prelazione consiste nel diritto di essere preferiti ad altri nella conclusione di un contratto; le parti possono stabilirlo convenzionalmente (prelazione volontaria) o, in altri casi, è previsto dalla legge (prelazione legale), con garanzie più preganti a favore del prelazionario. Esempi tipici riguardano la locazione abitativa in cui, a certune condizioni, l’inquilino deve essere preferito ad altri nella compravendita dell’alloggio; lo stesso dicasi per le locazioni commerciali. Altre ipotesi ricorrenti nella prassi sono quelle relative alla prelazione in ambito successorio e agrario. La presente trattazione si occupa di fornire una definizione dell’istituto e le modalità pratico-operative per esercitarlo.

1. Che cos’è il diritto di prelazione?

Il diritto di prelazione consiste nel diritto di essere preferito ad altri, a parità di condizioni, nella conclusione di un determinato contratto. I soggetti coinvolti sono:

  • il concedente o prelazionante o promittente: ossia il soggetto che concede il diritto di prelazione,
  • il beneficiario o prelazionario: vale a dire il titolare del diritto di prelazione.

Praticamente, cosa significa che un soggetto è titolare del diritto di prelazione?    

Un esempio aiuterà a chiarire il funzionamento di questo istituto.

Tizio è proprietario di una motocicletta e intende venderla.           
Tra Tizio e Caio v’è un accordo, in forza del quale Caio ha il diritto di prelazione sulla vendita della moto.
Quindi, se Tizio decide di venderla a 10 mila euro e ha già trovato un acquirente pronto a comprarla, non può farlo. Infatti, Tizio è obbligato ad offrire la moto, alle stesse condizioni (cioè 10 mila euro), a Caio, in quanto egli gode del diritto di prelazione; solo se Caio rifiuta l’acquisto, Tizio può alienarla a chi desidera, purché allo stesso prezzo che ha proposto a Caio. Infatti, il diritto di prelazione consiste nel diritto di essere preferiti ad altri nella conclusione di un contratto, alle stesse condizioni.

Ciò premesso, come si evince dall’esemplificazione, le parti si trovano in due situazioni soggettive distinte:

  • il concedente è obbligato a preferire il beneficiario e, quindi, versa in uno stato di soggezione;
  • il beneficiario gode di un diritto potestativo, ossia può incidere sulla situazione giuridica del concedente senza che la controparte possa impedirlo.

Giova chiarire che il diritto di prelazione opera solo nel caso in cui il concedente (nell’esempio, Tizio – proprietario della moto) decida di concludere il contratto (ossia la vendita del ciclomotore); diversamente, egli non avrà alcun obbligo nei confronti di Caio.

Occorre distinguere due categorie di prelazione che, come spiegheremo nei paragrafi successivi, divergono per la fonte e gli effetti:

  1. la prelazione volontaria trova fondamento nell’accordo delle parti e ha efficacia obbligatoria;
  2. la prelazione legale è stabilita, in casi tassativi, da norme di legge e ha efficacia reale.

2. Come si esercita il diritto di prelazione

Il titolare del diritto di prelazione (beneficiario o prelazionario) può esercitare il proprio diritto solo nel momento in cui riceve la comunicazione dalla controparte (concedente o prelazionante o promittente). Infatti, l’obbligo del concedente e il correlativo diritto del beneficiario sorgono solo qualora il prelazionante decida di concludere il contratto.

Torniamo all’esempio della compravendita della motocicletta.

Quando Tizio (concedente) decide di vendere la moto deve darne comunicazione a Caio (beneficiario).

La comunicazione con cui il concedente dichiara al prelazionario l’intenzione di contrarre viene definita denuntiatio. Si tratta di una dichiarazione, contenente una proposta contrattuale che, in quanto tale, deve essere completa, ossia recare tutte le condizioni per la sua conclusione; nell’esempio della vendita della moto, vanno indicati l’oggetto (marca, modello, targa et cetera) e il prezzo (10 mila euro). La denuntiatio è l’atto con cui il concedente adempie al proprio obbligo di comunicare le condizioni contrattuali al beneficiario; tra gli altri elementi, contiene un congruo termine (ad esempio, 30 o 60 giorni) entro cui il prelazionario deve decidere se esercitare il diritto di prelazione (e, quindi, concludere il contratto) oppure no. Tale termine è detto spatium deliberandi, ossia tempo necessario a decidere.

Sono possibili vari scenari:

  1. se il prelazionario esercita il diritto di prelazione, il contratto viene concluso (ossia acquista la moto);
  2. se il prelazionario non esercita il diritto di prelazione, il concedente può concludere il contratto con un terzo (vende la moto ad un altro) e il diritto di prelazione si estingue;
  3. se il prelazionario non esercita il diritto di prelazione e il concedente non conclude il contratto con nessuno (la moto resta invenduta), il diritto di prelazione permane (salvo espressa rinuncia) e, per la futura conclusione del contratto, occorre una nuova denuntiatio.

In che modo il beneficiario deve comunicare al concedente che intende esercitare la prelazione?

Egli è tenuto a rispondere alla denuntiatio entro il termine di tempo contenuto nella dichiarazione o stabilito dalla legge. Come vedremo più diffusamente, la comunicazione (denuntiatio) può rivestire una diversa veste, che va valutata, di volta in volta, a seconda della fattispecie concreta:

  • può valere come proposta contrattuale (art. 1326 c.c.), sempre revocabile, in tal caso la risposta del prelazionario equivale ad accettazione;
  • può valere come proposta contrattuale irrevocabile (art. 1329 c.c.);
  • oppure può valere come atto non formale di adempimento di un obbligo di comunicazione e la risposta del prelazionario non conclude direttamente il contratto, che verrà stipulato in un secondo tempo.

Per quanto riguarda le modalità, se si considera come proposta, allora la comunicazione deve avere la stessa forma del contratto che s’intende concludere, viceversa vige il principio di libertà di forma.

3. La prelazione volontaria

La prelazione volontaria è un negozio che le parti decidono liberamente di concludere in virtù del principio di autonomia contrattuale (art. 1322 c.c.), ma non trova espressa disciplina nel codice civile.

Il patto di prelazione può essere:

  1. una clausola che si inserisce in un contratto più ampio,
  2. un contratto autonomo.

Soffermiamoci sulla seconda fattispecie (sub 2).

Si tratta di un contratto atipico, sulla cui natura giuridica si sono succedute varie teorie, che non costituiscono oggetto della presente trattazione.    
Il patto di prelazione è un vero e proprio contratto in cui le parti hanno i seguenti diritti e doveri:

  • il promittente si vincola a concludere un determinato contratto (una vendita, una locazione et similia) con il beneficiario,
  • il prelazionario ha diritto di concludere quel contratto alle stesse condizioni proposte a terzi,
  • il promittente mantiene la propria libertà in ordine al contenuto del contratto; in altre parole, è libero di scegliere il prezzo e le condizioni a cui contrattare (ad esempio, vendita della moto a 10 mila euro con pagamento immediato),
  • il prelazionario gode del mero diritto di essere preferito come controparte;
  • il prelazionario non può “contrattare” o rinegoziare (ad esempio, non può chiedere un prezzo più vantaggioso o domandare un pagamento rateale, in quanto tale potere esula dal diritto di prelazione di cui è titolare).

Come qualsiasi contratto, il patto di prelazione può essere a titolo oneroso o gratuito, a seconda degli interessi dei paciscenti.

Quali interessi animano le parti?

  • Il beneficiario (prelazionario) ha interesse ad impedire che altri soggetti concludano quel determinato contratto e l’interesse di riservarlo per sé (ad esempio, desidera acquistare quella moto perché è un collezionista e si tratta di un pezzo raro).
  • Il concedente (prelazionante) può avere un interesse economico, ad esempio, perché il prelazionario gli offre una somma in cambio del diritto di preferenza (prelazione a titolo oneroso) o può agire per spirito di liberalità (prelazione a titolo gratuito) o può nutrire interessi di altra natura, magari legati ai rapporti economici sottostanti che lo legano alla controparte.

Il patto di prelazione è un negozio a forma libera. Infatti, diversamente dal contratto preliminare, in cui è richiesta la stessa forma del contratto definitivo (art. 1351 c.c.), il patto di prelazione è un contratto autonomo, non soggetto a vincoli di forma. Nella prassi, si ricorre alla forma scritta, ma non è necessaria ai fini della validità del negozio.

Il patto di prelazione deve contenere un termine di efficacia, decorso il quale il concedente riacquista la libertà di contrarre con chi desidera. Sul punto si registra un contrasto:

  1. a) secondo un orientamento, il termine deve essere convenuto per convenienti limiti di tempo, in quanto un vincolo perpetuo o con termine particolarmente lungo risulta affetto da nullità (art. 1379 c.c.);
  2. b) secondo un altro indirizzo, «il patto di prelazione per il caso di eventuale vendita, stipulato senza limiti di tempo, non ricade nel divieto di rapporti obbligatori che tolgano senza limitazioni cronologiche al proprietario la facoltà di disporre dei suoi beni, in quanto tale patto non comporta l’annullamento dell’indicata facoltà, restando sempre il proprietario perfettamente libero di disporre o meno dei suoi beni ed alle condizioni che meglio preferisce, bensì soltanto un limite riflettente la libera scelta della persona del compratore, la quale, almeno nella normalità dei casi, a parità di tutte le altre condizioni, è indifferente per il venditore» ( 15709/2013).

Sul punto, occorre operare una distinzione:

  • il termine del patto di prelazione è quello che le parti convenzionalmente stabiliscono; ad esempio, il concedente può vincolarsi per 1 anno, decorso il quale torna libero di vendere il bene a chi preferisce;
  • il termine contenuto nella denuntiatio (spatium deliberandi) è quello entro cui il prelazionario deve comunicare alla controparte se intende (o meno) avvalersi della prelazione, solitamente è fissato in 30 o 60 giorni.

Il patto di prelazione, convenzionalmente stipulato tra le parti, può avere ad oggetto:

  • beni immobili (una casa o un terreno),
  • beni mobili (un quadro),
  • universalità di mobili (una collezione di acquerelli),
  • beni mobili registrati (una vettura o motocicletta).

4. Che cosa accade se i contraenti non rispettano la prelazione volontaria? (facsimile patto di prelazione)

Come abbiamo visto, nel patto di prelazione il concedente (prelazionante) si obbliga a preferire il beneficiario (prelazionario) nella conclusione del contratto e, omologamente, il beneficiario (prelazionario) gode del diritto di essere preferito. Il concedente resta libero di disporre del bene di cui è proprietario come meglio crede, pertanto, può distruggerlo, danneggiarlo o rovinarlo senza che il beneficiario possa opporsi, infatti, tale condotta non configura un inadempimento, come invece accadrebbe in caso di contratto preliminare (vedasi ultimo paragrafo).

Sul concedente grava un obbligo di denuncia (denuntiatio); se non è diversamente convenuto, tale comunicazione si considera al pari di una proposta contrattuale che, in quanto tale, deve essere completa per consentire al prelazionario di esprimere la propria accettazione. Nella prelazione convenzionale la proposta è pura e semplice, mentre in alcune ipotesi di prelazione legale è irrevocabile (amplius infra). Quindi, il concedente resta libero di revocare la proposta senza ledere il diritto del prelazionario. Il diritto viene leso solo quando si compie il trasferimento del bene a terzi, senza previa comunicazione al beneficiario.

In caso di inadempimento, nella prelazione convenzionale, il prelazionario:

  • non può agire verso il terzo acquirente,
  • può chiedere il risarcimento del danno alla sua controparte inadempiente (ossia al concedente).

Infatti, diversamente dalla prelazione legale, la prelazione convenzionale:

  • ha efficacia personale (e non reale),
  • è inopponibile ai terzi,
  • non attribuisce al prelazionario il diritto di riscatto (previsto solo in caso di prelazione legale).

L’inadempimento dell’obbligo si verifica qualora il concedente abbia venduto a terzi; il prelazionario non ha titolo per recupere il bene dall’acquirente (diritto concesso solo in caso di prelazione legale) pertanto, non può esperire il rimedio di cui all’art. 2932 c.c., ossia l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto (Cass. 15709/2013). Infatti, si ricorda che il suddetto rimedio è esperibile in caso di contratto preliminare, mentre il patto di prelazione è un negozio giuridico distinto.

La violazione del patto di prelazione equivale all’inadempimento contrattuale (art. 1218 c.c.).

Il danno risarcibile è pari al vantaggio patrimoniale che il beneficiario avrebbe tratto dal fatto di essere preferito al terzo (C. M. BIANCA, Il contratto, Milano, Giuffrè, 2000, 271).

Scarica il facsimile del patto di prelazione

5. Il patto di prelazione deve essere trascritto?

Il patto di prelazione può avere ad oggetto beni mobili o immobili.           
Nel caso in cui la prelazione convenzionale si inserisca nella compravendita di un appartamento (bene immobile), tale accordo è soggetto a trascrizione?

La risposta è negativa.

La prelazione volontaria, ossia quella non disciplinata dalla legge, ha natura obbligatoria e non reale. In altre parole, l’accordo tra i contraenti non ha efficacia verso i terzi (erga omnes), ma solo tra le parti (inter partes). La differenza è significativa, giacché l’opponibilità ai terzi, tipica dell’efficacia reale, garantisce al prelazionario il diritto di rivendicare il bene anche dal terzo acquirente (diritto di riscatto). Una simile garanzia è concessa dalla legge solo nei casi tassativi di prelazione legale (amplius infra). Per contro, nella prelazione convenzionale, l’efficacia cogente dell’accordo è limitata. Infatti:

  • il patto di prelazione non è trascrivibile, anche se riguarda beni immobili,
  • in caso di inadempimento, il prelazionario non può agire verso il terzo acquirente.

Inoltre, vista la natura personale della prelazione, si ritiene che tale diritto non sia cedibile, anche in ossequio al principio per cui un contraente ha diritto di non vedersi imposta una controparte diversa da quella originariamente scelta (C. M. BIANCA, Il contratto, Milano, Giuffrè, 2000, 267).

6. La prelazione legale

In casi tassativi, la legge prevede il diritto di prelazione a favore di un determinato soggetto, senza necessità che le parti stipulino una convenzione ad hoc. Tale forma di prelazione reca le seguenti caratteristiche (si rinvia al paragrafo sugli effetti della prelazione legale):

  • ha fonte nella legge,
  • ha efficacia reale,
  • è opponibile ai terzi,
  • attribuisce al prelazionario il diritto di riscatto o retratto.

Le ipotesi più note di prelazione legale sono le seguenti:

  1. il retratto successorio (art. 732 c.c.) comunemente noto come “prelazione ereditaria”;
  2. la prelazione a favore dei conduttori degli immobili non ad uso abitativo, anche detta “prelazione urbana” (art. 38 legge 392/1978) e ad uso abitativo (art. 3 c. 1 lett. g, legge 431/1998 che richiama gli artt. 38, 39 legge 392/1978);
  3. la prelazione a favore del coltivatore diretto e del confinante, nota come “prelazione agraria” (art. 8 legge 590/1965; art. 7 d. lgs. 228/2001);
  4. la prelazione nell’impresa familiare (art. 230 bisc.);
  5. la prelazione a favore dello Stato nel caso di alienazione a titolo oneroso di beni di interesse storico, artistico e archeologico, anche detta “prelazione artistica” (art. 60 d.lgs. 42/2004);
  6. la prelazione a favore dell’ente parco in caso di trasferimento a titolo oneroso della proprietà e diritti reali su terreni all’interno delle riserve e delle aree (art. 15 legge 394/1991);
  7. la prelazione a favore dell’affittuario di azienda cinematografica (art. 20 d. l. 26/1994 convertito in legge 153/1994);
  8. la prelazione su beni ecclesiastici (legge 222/1985).

Per completezza espositiva, si cita anche il particolare diritto di prelazione previsto per legge a favore degli acquirenti di immobili da costruire (art. 9 d. lgs. 122/2005), trattasi di una prelazione senza diritto di riscatto, esercitabile in caso di vendita forzata del bene. È un diritto condizionato alla circostanza che il bene sia stato consegnato all’acquirente e da questi adibito ad abitazione principale.

Oltre alle succitate ipotesi, relative unicamente a beni immobili, si ricorda che la legge prevede diversi casi di prelazione, ad esempio, il patto di preferenza nel contratto di somministrazione (art. 1566 c.c.),

Nella presente trattazione, costituiranno oggetto di approfondimento solo le prime tre forme di prelazione legale, riguardanti il trasferimento di beni immobili, vale a dire la prelazione ereditaria, urbana e agraria.

7. Diritto di prelazione sugli immobili

Le principali ipotesi di prelazione legale (come quella ereditaria, urbana e agraria) hanno ad oggetto beni immobili. Come abbiamo visto, la prelazione legale ha efficacia reale, pertanto, se il concedente viola il proprio obbligo di preferire il prelazionario, ossia trasferisce il bene ad un altro soggetto, il prelazionario può agire direttamente verso l’acquirente per far valere il proprio diritto.

Facciamo un esempio.

Tizio è proprietario di un appartamento, Caio gode del diritto di prelazione legale.

Tizio vende il bene a Sempronio, senza avvertite Caio. Il contratto è valido, ma Caio può riscattare il bene direttamente da Sempronio, pagandogli il prezzo da questi versato a Tizio.

Tizio

Prelazionante

vende il bene al terzo

(senza avvertire Caio)

Sempronio

Terzo acquirente

 

↕ prelazione ↕ legale

 

 

 

Caio

Prelazionario

agisce direttamente

verso l’acquirente

 

Il diritto esercitato dal prelazionario viene detto diritto di riscatto. Il diritto di riscatto è un diritto potestativo esercitabile dal prelazionario (Caio) nel caso di inadempimento dell’obbligo gravante sul concedente (Tizio), vale a dire nell’ipotesi in cui il prelazionante non abbia provveduto alla denuntiatio. Il contratto concluso tra il prelazionante (Tizio) e il terzo acquirente (Sempronio) è valido ed efficace; nondimeno, il prelazionario (Caio) può esercitare il riscatto, mediante un atto unilaterale recettizio (come una citazione giudiziale), corrispondendo al terzo (Sempronio) il prezzo da questi pagato al concedente (Tizio).

Naturalmente, il diritto di riscatto può essere esercitato solo in un limitato periodo di tempo, per evitare di esporre l’ignaro acquirente ad una situazione di costante incertezza.

Infine, il diritto di prelazione legale riguarda il trasferimento del bene con atti a titolo oneroso, pertanto, non interviene in caso di:

  • donazione,
  • permuta (espressamente esclusa nel caso di prelazione agraria),
  • vendita forzata,
  • liquidazione giudiziale (ossia il fallimento),
  • espropriazione di pubblica utilità.

Di seguito, analizziamo i casi più emblematici di diritto di prelazione legale su immobili.

8. La prelazione del coerede

In materia di successioni, l’art. 732 c.c. si occupa del diritto di prelazione del coerede e disciplina il cosiddetto retratto successorio, ossia il diritto di riscatto. La ratio della norma consiste nella volontà del legislatore di evitare che, nei rapporti tra i coeredi, si inseriscano dei terzi estranei.

Andiamo con ordine e analizziamo il testo della norma.

  • Il coerede, che vuol alienare a un estraneo la sua quota ereditaria o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione.
  • Il diritto di prelazione deve essere esercitato nel termine di 2 mesi dall’ultima delle notificazioni (spatium deliberandi).
  • In mancanza della notificazione (denuntiatio), i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall’acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria (retratto successorio).

1) Quindi, la norma si applica in caso di comunione ereditaria. Ad esempio, un uomo muore, non fa testamento e tutti i suoi beni (la casa, la macchina, la collezione d’arte) vengono ereditati dalla moglie e dai 2 figli. Gli eredi sono 3 (la moglie e i 2 figli) e si definiscono coeredi, perché si trovano in comunione ereditaria, ossia sono contitolari degli stessi beni ricevuti per successione.

2) La norma parla di quota ereditaria.       
Nell’esempio di cui sopra, il defunto non ha lasciato testamento, pertanto si applica la successione legittima, in forza della quale al coniuge spetta 1/3 del patrimonio e 2/3 ai figli (quindi 1/3 ciascuno). Quindi, se uno dei figli desidera alienare la propria quota della casa (ossia 1/3), prima deve offrirla ai coeredi (mamma e fratello); solo ove questi non esercitino la prelazione, egli è libero di alienare a terzi. Nel caso in cui il figlio venda a terzi senza interpellare i coeredi, la mamma e il fratello possono esercitare il diritto di riscatto nei confronti del terzo acquirente.

3) La disposizione fa riferimento espresso all’alienazione, quindi, ad un atto a titolo oneroso. La norma non trova applicazione nel caso di:

  • donazione, in quanto trattasi di atto a titolo gratuito ( 2159/2014),
  • vendita fallimentare, in quanto trattasi di atto non riconducibile alla libera determinazione del coerede ( 7056/1999).

Per completezza espositiva si ricorda che l’art. 230 bis c.c., in materia di impresa familiare, nella parte in cui stabilisce una prelazione legale a favore dei partecipanti all’impresa, rinvia espressamente all’applicazione dell’art. 732 c.c.

Master diritto delle successioni

8.1 Cosa deve fare il coerede che vuole vendere il bene ereditato? (facsimile comunicazione coerede)

Il coerede che intenda trasferire a titolo oneroso la propria quota ereditaria ha l’obbligo di notificare la proposta di trasferimento agli altri coeredi (art. 732 c.c.). La notifica deve avvenire a mezzo ufficiale giudiziario o tramite raccomandate con avviso di ricevimento. La legge richiede la forma scritta e modalità idonee a documentare il giorno della ricezione da parte del destinatario (Cass. 5865/2016).

La proposta di alienazione deve essere completa e indicare tutti gli elementi necessari all’alienazione (ad esempio, i dati catastali dell’immobile) e il prezzo; inoltre, visto che ci si riferisce a beni immobili, deve recare la forma scritta (Cass. 25041/2006).

In materia, giova chiarire che l’art. 732 c.c. prevede il diritto di prelazione solo con riferimento alla quota ereditaria e non ai singoli beni ereditati.

Cosa significa?

Semplicemente il diritto di prelazione non opera:

  • qualora il testatore abbia già effettuato una divisione ereditaria (ad esempio, nel testamento ha attribuito a ciascun erede un bene specifico), proprio perché difetta il requisito della comunione ereditaria;
  • qualora il testatore abbia operato una divisione ereditaria, attribuendo un bene in comproprietà a più eredi; ad esempio, il defunto ha lasciato la casa al mare alla moglie e a uno dei figli, mentre la casa in montagna agli altri due figli; in questo caso, si registra una comunione ordinaria (tra mamma e figlio da una parte e tra i due fratelli dall’altra) in cui la prelazione non si applica ( 15032/2015). Infatti, la comunione trae origine non dalla successione, ma dall’atto dispositivo-attributivo (Cass. 21492/2007; Cass. 11290/1992).

Inoltre, il diritto di prelazione del coerede è intrasmissibile e personale, infatti, non riguarda la quota o una situazione giuridica che possa essere trasmessa autonomamente, quindi, non spetta agli eredi del coerede (Cass. 4277/2012; Cass. 11551/1992). Diverso è il caso in cui il coerede abbia esercitato il diritto di riscatto, incardinando il relativo giudizio e, in seguito, deceda; in tale evenienza, la domanda conserva i propri effetti e può essere proseguita dagli eredi ex art. 110 c.p.c. (Cass. 17673/2012; Cass. 5181/1992).

Scarica il facsimile della comunicazione da inviare al coerede

8.2 Cosa deve fare il coerede che vuole acquistare il bene?

Il coerede che riceva la notifica (denuntiatio) ha facoltà di accettare la proposta e, quindi, di esercitare il proprio diritto di prelazione. Il suddetto diritto può essere esercitato:

  • entro 2 mesi dalla notificazione o dall’ultima delle notifiche (se i coeredi sono più di uno)

Se tutti i coeredi accettano la proposta, la quota in vendita è assegnata a ciascuno in pari misura.

Si ritiene che l’esercizio del diritto di prelazione debba avvenire nella stessa forma della denuntiatio, ossia con notifica dell’ufficiale giudiziario o con raccomandata con avviso di ricevimento. Si ricorda che il coerede può solo accettare le condizioni dettate dall’altro coerede e non ha titolo per formulare eventuali contro-proposte.

8.3 Prelazione non rispettata dai parenti: i rimedi esperibili

Come abbiamo visto, il coerede che intenda trasferire la propria quota deve notificarlo agli altri coeredi. Cosa accade nell’ipotesi in cui egli ometta tale comunicazione?

Innanzitutto, il contratto rimane perfettamente valido ed efficace; tuttavia, la legge (art. 732) attribuisce al coerede il diritto di riscatto, anche noto come retratto successorio.

In altre parole, il coerede può riscattare la quota dall’acquirente e non solo da lui, ma da qualsiasi successivo avente causa.

Un esempio aiuterà a chiarire.

Tizio e Caio sono coeredi.    
Tizio aliena a Sempronio la sua quota ereditaria senza comunicarlo a Caio; a sua volta, Sempronio vende la quota a Nevio.           
Caio, per recuperare il bene, può agire direttamente verso Nevio, ossia il secondo acquirente della quota ereditaria.

Tizio

coerede

vende il bene  

(senza avvertire Caio)

Sempronio

acquirente

vende il bene

 

Nevio

acquirente

 

↕ prelazione ↕

 legale

 

 

 

 

Caio

coerede

esercita direttamente

il diritto

di riscatto

verso l’acquirente

 

 

Come si evince, il diritto di retratto consente al coerede di sostituirsi al terzo acquirente, corrispondendogli il prezzo da questi versato per la quota, mediante una dichiarazione di volontà. Il diritto di riscatto del coerede (Caio) opera direttamente verso l’acquirente (Nevio) e il coerede che ha omesso di effettuare la notifica (Tizio) non è litisconsorte necessario nel giudizio tra il terzo e il riscattante (Cass. 15482/2001).

È competente il giudice del luogo ove si è aperta la successione (art. 22 c. 1 n. 1 c.p.c.), in quanto ricomprende ogni causa avente un oggetto attinente alla qualità di erede (Cass. 2543/2017).

Il retratto è esercitabile in giudizio, ma l’avvocato del coerede deve essere munito di una procura speciale, essendo insufficiente la procura generale (Cass. 2744/2010; Cass. 14515/2019). Infatti, «nella materia del retratto successorio, sia in quella affine dei riscatti agrario e locatizio, la dichiarazione unilaterale recettizia di carattere negoziale che esprime la volontà di esercitare il diritto potestativo di riscatto nei confronti dell’acquirente di quota ereditaria, previsto dall’art. 732 c.c. a favore dei coeredi, può essere espressa pure con l’atto introduttivo del giudizio ed è in esso validamente manifestata quando sia riconducibile al titolare del potere attraverso la sottoscrizione di tale atto od il conferimento della procura speciale al difensore, tale dovendosi ritenere anche quella apposta a margine dell’atto o in calce allo stesso, dal momento che in tal caso, per effetto di siffatta procura, l’atto introduttivo del giudizio è direttamente riferibile alla parte, anche nel punto in cui contenga la suddetta manifestazione di volontà negoziale» (Cass. 14515/2019).

Il diritto di retratto si prescrive in 10 anni dalla cessione della quota, avvenuta senza previa denuntiatio (Cass. 3465/2013).

L’avente causa (Nevio, nell’esempio) può difendersi dimostrando che l’oggetto della vendita non era una quota ereditaria, ma un bene a sé stante, giacché, in tale circostanza, non opera l’art. 732 c.c. (Cass. 8692/2016).

9. La prelazione del conduttore (la cosiddetta prelazione urbana)

Tra le ipotesi di prelazione legale su immobili, si ricorda la prelazione urbana, vale a dire la prelazione a favore del conduttore in caso di compravendita dell’immobile ad uso non abitativo concesso in locazione (art. 38 legge 392/1978). Per completezza espositiva, si ricorda che la legge prevede il diritto di prelazione anche in caso di nuova locazione (art. 40 legge 392/1978), ma non costituisce oggetto della presente disamina, pertanto, si rimanda alla lettura della guida sulle locazioni commerciali.
Inoltre, le norme sulle locazioni ad uso non abitativo sono richiamate anche in materia di locazione abitativa, ove il conduttore gode del diritto di prelazione, in caso di compravendita dell’immobile, (artt. 38, 39 legge 392/1978, in quanto richiamati dall’art. 3 c. 1 lett. g legge 431/1998) nelle seguenti ipotesi:

  • nel caso in cui il locatore intenda vendere l’immobile o trasferire a titolo oneroso alla prima scadenza,
  • nel caso in cui il conduttore non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo, oltre a quello adibito a propria abitazione principale.

Riassumendo, il diritto di prelazione per l’acquisto del bene locato è previsto:

  • a favore del conduttore di immobile ad uso commerciale (art. 38 legge 392/1978);
  • a favore del conduttore di immobile ad uso abitativo, alle particolari condizioni di cui sopra (3 c. 1 lett. g, legge 431/1998, che richiama gli artt. 38, 39 legge 392/1978).

Infine, per completezza, si segnala che nelle locazioni abitative, come in quelle commerciali, è previsto un diritto di prelazione nel caso di nuova locazione (art. 3 c. 1 lett. d, e, legge 431/1998), anche in questo caso si rimanda alla lettura della guida sulle locazioni ad uso abitativo.

9.1 La prelazione dell’inquilino

Il diritto di prelazione è esercitabile in caso di trasferimento a titolo oneroso, come la compravendita.

Il conduttore non gode del diritto di prelazione nei seguenti casi (art. 38 c. 7 legge 392/1978):

  1. quando il locatore trasferisce il bene a favore del coniuge o dei parenti entro il secondo grado (ad esempio, ai figli);
  2. in caso di comunione ereditaria, in quanto la prelazione opera tra coeredi (art. 732 c.c.);
  3. nel caso di negozi a titolo gratuito, come la donazione (l’art. 38, infatti, menziona i trasferimenti onerosi),
  4. in caso di permuta ( 12230/2012; Cass.16853/2007);
  5. in caso di trasferimenti non volontari (come la vendita forzata);
  6. in caso di vendita di quota di un immobile (ad esempio, nel caso in cui il comproprietario alieni la propria quota),
  7. in caso di vendita in blocco (vedasi paragrafo successivo).

Infine, le disposizioni in materia di diritto di prelazione e riscatto (artt. 38, 39, 40) non si applicano ai seguenti immobili (art. 41 c. 2 legge 392/1 978):

  • utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori,
  • destinati all’esercizio di attività professionali (come uno studio medico o di avvocato),
  • ad attività di carattere transitorio,
  • agli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici.

Si ricorda che è nulla la clausola che preveda la risoluzione del contratto di locazione in caso di compravendita dell’immobile (art. 7 legge 392/1978).

9.2 Diritto di prelazione nelle locazioni commerciali

Come indicato in premessa, a particolari condizioni, anche il conduttore di un immobile ad uso abitativo gode del diritto di prelazione in caso di vendita. Nella presente trattazione ci si sofferma sulla prelazione nelle locazioni commerciali.

Affinché possa esercitarsi il diritto di prelazione è necessaria la perfetta identità tra il bene venduto e quello condotto in locazione. Come vedremo, la suddetta identità viene meno quando la vendita riguarda una pluralità di immobili.

Il conduttore gode del diritto di prelazione solo se la vendita ha ad oggetto l’unità immobiliare concessa in locazione, quindi, il predetto diritto non opera in caso di:

  • vendita in blocco dell’intero edificio; si pensi ad un palazzo composto da 10 unità immobiliari che sia alienato interamente (25036/2015; 3713/2015); in tale circostanza viene meno l’identità tra il bene concesso in locazione e il bene venduto, per questa ragione la prelazione non si applica;
  • vendita di una quota dell’edificio (ad esempio, il palazzo di 10 unità immobiliari è in comproprietà tra due soggetti ed uno di questi aliena la propria quota ad altri).

A tal proposito, la giurisprudenza (Cass. 25036/2015) opera una distinzione ulteriore tra:

  1. vendita in blocco (non opera la prelazione),
  2. vendita cumulativa (opera la prelazione).

1. Affinché ricorra la vendita in blocco, la vendita non deve necessariamente riguardare l’intero edificio (in cui è compreso il bene locato) ma è sufficiente che i vari beni alienati, tra loro confinanti, costituiscano un unicum e siano venduti (o promessi in vendita) «non come una pluralità di immobili casualmente appartenenti ad un unico proprietario e ceduti (o cedendi) ad un soggetto diverso da colui che conduce in locazione per uso diverso uno di essi, ma come complesso unitario, costituente un quid diverso dalla mera somma delle singole unità».

2. La vendita cumulativa, invece, ha ad oggetto più unità immobiliari che conservano la propria individualità; ad esempio, nell’atto di compravendita deve essere indicato il prezzo di ciascun immobile e non quello complessivo dello stabile.

Come si distingue la vendita in blocco da quella cumulativa?

Il giudice deve svolgere un’indagine condotta non solo sulla base della situazione oggettiva esistente «al momento della vendita (o della denuntiatio) ma deve, altresì, tener conto del tenore del contratto di vendita (o del preliminare) e di eventuali altri contratti che, pur se intervenuti tra soggetti parzialmente diversi, possano dirsi collegati al primo, e sulla base di questo il giudice deve apprezzare se le parti hanno o meno considerato la vendita dei vari cespiti (anche, eventualmente, per motivi soggettivi) di un complesso unitario non frazionabile (Cass. 23747/2008); spetta al giudice del merito l’accertamento, insindacabile in sede di legittimità ove logicamente e congruamente motivato, dell’unicità strutturale e funzionale del bene venduto al fine di escludere o ammettere la prelazione o il riscatto» (15897/2011).

9.3 La comunicazione del proprietario dell’immobile (con facsimile)

Nel caso in cui il locatore intenda vendere l’immobile o trasferirlo a titolo oneroso, il conduttore gode del diritto di prelazione. Si tratta del diritto di essere preferito ad un altro acquirente, a parità di condizioni, nella conclusione del contratto. Il locatore, quindi, deve comunicare al conduttore l’intenzione di alienare il bene con atto notificato tramite l’ufficiale giudiziario. Benché la legge parli espressamente di notificazione a mezzo U.G., la giurisprudenza considera equivalente anche la comunicazione tramite raccomandata con avviso di ricevimento; infatti, è incontestato che «la consegna della raccomandata, da parte del messo postale all’uopo incaricato secondo le regole della normativa postale, soddisfi quella esigenza di ufficialità che rende siffatto mezzo equipollente, per struttura ed effetti, alla notificazione eseguita dall’ufficiale giudiziario» (Cass. 20807/2010). La comunicazione deve contenere:

  • l’indicazione del corrispettivo richiesto per la vendita,
  • le condizioni della compravendita,
  • l’invito ad esercitare il diritto di prelazione.

La legge non chiede al locatore di trasmettere l’eventuale preliminare o il nominativo dell’acquirente (come, invece, accade nella prelazione agraria).

Nel caso in cui il bene sia stato concesso in locazione a più conduttori, il locatore deve effettuare separatamente la comunicazione, per ciascun inquilino (prelazione congiunta).

Circa la natura della comunicazione del proprietario (denuntiatio), come abbiamo già anticipato, si discute se vada considerata al pari di una proposta contrattuale (come accade nella prelazione ereditaria e agraria) oppure se valga come un mero atto di interpello. La differenza non è di poco conto:

  • se la denuntiatio vale come proposta, l’esercizio del diritto di prelazione equivale ad accettazione; inoltre, si considera irrevocabile per il termine di legge, ossia 60 giorni;
  • se la denuntiatio vale come interpello, l’esercizio del diritto di prelazione equivale ad un obbligo a contrarre e il locatore può sempre revocarla.

Scarica il facsimile della comunicazione del proprietario dell’immobile

9.4 Prelazione: cosa deve fare il conduttore?

Il conduttore entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione di cui sopra deve esercitare il diritto di prelazione, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli e inviarle al proprietario a mezzo ufficiale giudiziario o con raccomandata con avviso di ricevimento.

Il conduttore può solo decidere di acquistare o meno, non ha alcun potere di modificare il contenuto del contratto. Ad esempio, la compravendita può prevedere particolari modalità di pagamento a cui il conduttore deve aderire.

Se il conduttore decide di esercitare il diritto di prelazione:

  • sorge l’obbligo di stipulare il contratto (obbligo gravante su ambo le parti);
  • il conduttore deve versare il prezzo entro 30 giorni decorrenti dal sessantesimo giorno successivo alla notificazione da parte del proprietario.

Come abbiamo visto, nel caso in cui il bene sia stato concesso in locazione a più conduttori, il locatore deve effettuare separatamente la comunicazione (prelazione congiunta). Ebbene, tutti gli inquilini possono decidere di esercitare la prelazione congiuntamente, oppure, se qualcuno di questi rinuncia, possono esercitarla gli altri.

9.5 Azioni per far valere la prelazione del conduttore non rispettata

Nel caso in cui il proprietario non abbia comunicato al conduttore l’intenzione di alienare il bene, l’inquilino può esercitare il diritto di riscatto (art. 39). Il suddetto diritto può essere invocato quando il locatore:

  • non abbia provveduto alla notifica,
  • abbia indicato, nella comunicazione, un prezzo superiore a quello risultante dal contratto.

Nelle citate ipotesi, il conduttore entro 6 mesi dalla trascrizione del contratto ha titolo per riscattare l’immobile dall’acquirente e dai successivi aventi causa (trattasi di prelazione reale). In tal modo, il conduttore viene messo nella condizione di trovarsi nella stessa situazione in cui sarebbe stato se il locatore lo avesse avvisato.

Il conduttore con deve formulare la richiesta di riscatto direttamente nei confronti dell’ultimo compratore; quindi, non si rivolge al locatore (che ha violato il diritto di prelazione), ma direttamente all’acquirente.

La suddetta richiesta può essere:

  • stragiudiziale,
  • giudiziale, con apposito atto di citazione.

Come detto in materia di prelazione ereditaria, il riscatto è esercitabile in giudizio, ma l’avvocato deve essere munito di una procura speciale, essendo insufficiente la procura generale (Cass. 2744/2010; Cass. 14515/2019). Infatti, «nella materia del retratto successorio, sia in quella affine dei riscatti agrario e locatizio, la dichiarazione unilaterale recettizia di carattere negoziale che esprime la volontà di esercitare il diritto potestativo di riscatto […], può essere espressa pure con l’atto introduttivo del giudizio ed è in esso validamente manifestata quando sia riconducibile al titolare del potere attraverso la sottoscrizione di tale atto od il conferimento della procura speciale al difensore, tale dovendosi ritenere anche quella apposta a margine dell’atto o in calce allo stesso, dal momento che in tal caso, per effetto di siffatta procura, l’atto introduttivo del giudizio è direttamente riferibile alla parte, anche nel punto in cui contenga la suddetta manifestazione di volontà negoziale» (Cass. 14515/2019).

Una volta esercitato il diritto di riscatto, il conduttore deve pagare il prezzo risultante dal contratto di compravendita tra il proprietario e il terzo entro 3 mesi decorrenti:

  • se non vi è opposizione dell’acquirente, dalla prima udienza o dall’atto con cui il terzo dichiara di non volersi opporre,
  • se vi è opposizione, dal passaggio in giudicato della sentenza.

Come già ricordato, le disposizioni sul diritto di riscatto e di prelazione (artt. 38, 39, 40) non si applicano agli immobili (art. 41 c. 2 legge 392/1 978):

  • utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori,
  • destinati all’esercizio di attività professionali (come uno studio medico),
  • ad attività di carattere transitorio,
  • agli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici.

10. Il diritto di prelazione del confinante (la cosiddetta prelazione agraria)

La prelazione agraria costituisce un’altra ipotesi di prelazione legale avente ad oggetto beni immobili. Può riguardare:

  • ’affittuario del fondo,
  • in via sussidiaria, il proprietario confinante del fondo.

In particolare, la prelazione di cui gode l’affittuario si inserisce nell’ambito dell’affitto dei fondi rustici.  Ricordiamo che il contratto d’affitto (art. 1615 c.c.) si differenzia dalla locazione, in quanto ha ad oggetto una cosa produttiva. Si ha contratto d’affitto di fondi rustici solo quando il fondo sia concesso per l’esercizio dell’attività agricola. I diritti e doveri delle parti sono i seguenti:

  • il proprietario del fondo (locatore) lo concede in affitto dietro pagamento di un corrispettivo,
  • l’affittuario coltiva il terreno e ne gode i frutti.

La legge favorisce l’affitto al coltivatore diretto (art. 1647 c.c.), ossia al soggetto che coltiva il fondo con il lavoro prevalentemente proprio o di persone della sua famiglia, purché la forza lavorativa costituisca almeno 1/3 di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione (art. 6 legge 203/1982). La durata minima è pari a 15 anni (art. 1 legge 203/1982). Il suddetto favor trova un referente nella Costituzione (art. 47) che mira ad agevolare l’accesso alla proprietà della terra da parte di chi direttamente la coltiva.

Titolari del diritto di prelazione, purché coltivino il fondo da almeno due anni, sono:

  • l’affittuario,
  • il mezzadro,
  • il colono,
  • il compartecipante.

Come abbiamo accennato all’inizio del paragrafo, il coltivatore diretto gode di una “doppia” prelazione, in quanto:

  • affittuario del fondo;
  • proprietario del fondo confinante, purché su di esso non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti (legge 817/1971).

Se il fondo non è concesso in affitto, allora il diritto di prelazione spetta al confinante-coltivatore diretto.

In caso di più soggetti confinanti, la legge ricorre a criteri preferenziali alla cui lettura si rimanda (art. 7 d. lgs. 228/2001).

Oltre che per i soggetti suindicati, il diritto di prelazione riguarda:

  • gli affittuari o confinanti che siano società agricole di persone (società semplici, s.n.c., s.a.s.) in cui almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto (d.lgs. 99/2004, come modificato dal d.lgs.101/2005);
  • i confinanti (non affittuari) che siano imprenditori agricoli professionali (Iap) iscritti nella gestione previdenziale agricola dell’INPS (art. 7 c. 2 bis legge 817/1971).

La prelazione interviene (art. 8 c. 1 legge 590/1965) nel caso in cui il fondo concesso in affitto sia oggetto di:

  • trasferimento a titolo oneroso,
  • costituzione del diritto di enfiteusi.

Il diritto di prelazione non opera (art. 8 c. 2 legge 590/1965) in ipotesi di:

  • permuta,
  • ·vendita forzata,
  • liquidazione coatta,
  • fallimento,
  • espropriazione per pubblica utilità,
  • quando i terreni in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica.

Di seguito i principali riferimenti normativi:

  • art. 4 bis “diritto di prelazione in caso di nuovo affitto” – legge 203/1982 in materia di contratti agrari;
  • art. 8 “diritto di prelazione” – legge 590/1965 contenente “Disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice” e legge di interpretazione autentica n. 2 del 1979
  • legge 817/1971 recante “Disposizioni per il rifinanziamento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice”
  • art. 7 “prelazione tra più confinanti” – d. lgs. 228/2001 in materia di Orientamento e modernizzazione del settore agricolo

10.1 Diritto di prelazione: gli adempimenti del proprietario che deve vendere

Il proprietario che intenda trasferire a titolo oneroso il fondo deve darne comunicazione al coltivatore con le seguenti modalità (art. 8 c. 4 legge 590/1965):

  • inviare una lettera raccomandata con avviso di ricevimento (oppure notifica a mezzo ufficiale giudiziario),
  • allegare la proposta di alienazione,
  • trasmettere il preliminare di compravendita,
  • indicare il nome dell’acquirente, il prezzo di vendita e le altre norme pattuite, compresa la clausola per l’eventualità della prelazione.

Il coltivatore (affittuario o confinante) deve esercitare il suo diritto di prelazione entro il termine di 30 giorni dalla notifica.

Se il coltivatore esercita il diritto di prelazione, il versamento del prezzo di acquisto deve essere effettuato entro il termine di tre mesi, decorrenti dal trentesimo giorno dall’avvenuta notifica da parte del proprietario, salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti (art. 8 c. 6 legge 590/1965).

In tema di prelazione agraria, si ritiene che la denuntiatio abbia natura di proposta irrevocabile; in altre parole, la comunicazione del proprietario non è revocabile, in pendenza del termine entro il quale il conduttore può manifestare la volontà di rendersi acquirente. La ratio dell’irrevocabilità deve ricercarsi nel fatto che il legislatore lasci al prelazionario il tempo necessario per l’esercizio del suo diritto potestativo, pertanto, durante la pendenza, il prelazionante rimane vincolato alla propria dichiarazione. Quindi, «il diritto di prelazione agraria si esercita secondo lo schema normativo di cui agli artt. 1326 e 1329 c.c. e la denuntiatio non è revocabile durante il termine di trenta giorni previsto per l’accettazione della proposta» (Cass. 12883/2016).

Per contro, una proposta contrattuale tout court (art. 1326 c.c.) è liberamente revocabile, sinché il contratto non viene concluso (art. 1328 c.c.), stante la natura non recettizia dell’atto.

10.2 Cosa deve fare il vicino che vuole acquistare il fondo?

Come ricordato, il coltivatore (affittuario o confinante) deve esercitare il suo diritto di prelazione entro il termine di 30 giorni dalla notifica della denuntiatio.

Egli deve fornire una risposta scritta al proprietario, tramite notifica a mezzo U.G. o con raccomandata con avviso di ricevimento.

Inoltre, deve versare il prezzo di acquisto entro il termine di tre mesi, decorrenti dal trentesimo giorno dall’avvenuta notifica da parte del proprietario, salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti (art. 8 c. 6 legge 590/1965).

10.3 Le conseguenze del mancato rispetto della prelazione agraria

Qualora il proprietario:

  • ·non provveda alla notificazione (denuntiatio),
  • provveda alla notificazione ma il prezzo indicato sia superiore a quello risultante dal contratto di compravendita,

l’avente titolo al diritto di prelazione può, entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita, riscattare il fondo dell’acquirente e da ogni altro successivo avente causa (art. 8 c. 5 legge 590/1965).

Trattasi del diritto di riscatto o retratto agrario; la prelazione agraria, infatti, gode di efficacia reale, pertanto, il prelazionario può “seguire” il bene e riscattarlo da tutti i successivi acquirenti. Come visto nella prelazione urbana, il confinante o l’affittuario deve formulare la richiesta di riscatto direttamente nei confronti dell’ultimo compratore; quindi, non si rivolge al locatore del fondo (che ha violato il diritto di prelazione), ma direttamente all’ultimo acquirente.

La suddetta richiesta può essere:

  • stragiudiziale,
  • giudiziale, con apposito atto di citazione.

Si rinvia a quanto detto in materia di retratto successorio e riscatto nelle locazioni.

10.4 È possibile “aggirare” il diritto di prelazione agraria?

Come abbiamo visto, il diritto di prelazione per l’acquisto del fondo agricolo non riguarda qualsiasi soggetto, ma solo il coltivatore diretto affittuario del fondo (da oltre due anni); nel caso in cui il terreno non sia concesso in affitto, la prelazione spetta al confinante, sempre coltivatore diretto. Innanzitutto, preme ricordare che la prelazione non è riconosciuta nel caso in cui il terreno, seppur coltivato, sia destinato dal piano regolatore ad uso edilizio, industriale o turistico. Infatti, la ratio sottesa alla prelazione agraria consiste nella volontà di agevolare la coltivazione del fondo. Pertanto, in tali circostanze, il proprietario è libero di vendere il terreno a chi desidera, giacché la prelazione opera solo per i fondi agricoli o rustici.

Al di fuori dell’ipotesi di cui sopra, per “evitare” l’operatività della prelazione, si possono sfruttare i casi in cui la legge la esclude. Ad esempio, il proprietario del fondo può concludere una permuta. In altre parole, può trasferire la proprietà del suo fondo ottenendo come corrispettivo la proprietà di un altro appezzamento o di un bene di valore equivalente. In tal caso, il confinante non può lamentare la lesione del diritto di prelazione, giacché la legge espressamente lo esclude per questa fattispecie negoziale. L’altra ipotesi che consente al proprietario di disporre liberamente del proprio terreno, senza dover sottostare al diritto di prelazione, è la donazione.

Inoltre, il diritto di prelazione spetta ai soggetti tassativamente indicati dalla legge (affittuario, colono,  mezzadro, compartecipante), pertanto, il comodatario che coltivi il fondo non gode di tale diritto (Cass. 2861/2016).

Può capitare che il proprietario del terreno cerchi di eludere la legge effettuando un artificioso frazionamento del fondo. La giurisprudenza, anche recentemente (Cass. 13368/2018), ha affermato che «in materia di contratti agrari, il diritto di prelazione in favore del proprietario confinante con quello venduto, di cui all’art. 7, secondo comma, legge n. 817 del 1971, sussiste anche nell’ipotesi in cui, in occasione dell’alienazione, siano creati artificiosi diaframmi al fine di eliminare il requisito della confinanza fisica tra i suoli, onde precludere l’esercizio del diritto di prelazione. Allo scopo, peraltro, non è sufficiente che una porzione di fondo sia stata riservata alla parte alienante esclusivamente al fine di evitare il sorgere del diritto di prelazione o che lo sfruttamento dei fondi, risultanti dalla divisione, sia meno razionale che non la conduzione dell’intero, originario, complesso, ma è indispensabile che la porzione costituente la fascia confinaria, per le sue caratteristiche, sia destinata a rimanere sterile e incolta o sia, comunque, inidonea a qualsiasi sfruttamento coltivo autonomo, sì che possa concludersi che la porzione non ceduta è priva di qualsiasi utilità per l’alienante» (Cass. 5573/2003).

In conclusione, non è possibile aggirare a legge, anche perché nel caso della prelazione legale, il titolare del diritto (affittuario o confinante) gode di una tutela pregnante, caratterizzata dal riscatto (o retratto agrario), in virtù del quale egli può “recuperare” il fondo dall’acquirente.

11. Gli effetti della prelazione volontaria

La prelazione convenzionale o volontaria:

12. Gli effetti della prelazione legale

La prelazione legale:

  • ha efficacia reale,
  • è opponibile ai terzi (efficacia erga omnes),
  • attribuisce al prelazionario il diritto di riscatto nei confronti dell’acquirente e dei successivi aventi causa.Il riscatto è un diritto potestativo del prelazionario con il quale egli può incidere su una situazione giuridica altrui, come quella dell’acquirente del bene oggetto di prelazione. Il diritto di riscatto, infatti, non viene esercitato verso il concedente (ossia il soggetto che ha violato il proprio obbligo di comunicazione) ma verso l’avente causa. Il riscattante per ottenere il bene deve corrispondere all’acquirente lo stesso corrispettivo da questi versato.

Il riscatto è un atto unilaterale recettizio, ossia produce effetto nel momento in cui giunge a conoscenza del destinatario. Se le parti non raggiungono un accordo stragiudiziale, il diritto di riscatto può assumere la forma di un atto di citazione.

Con il riscatto, il riscattante viene a trovarsi nella stessa situazione del riscattato con efficacia ex tunc, ossia come se il riscattante fosse l’originario acquirente del bene.

Si rinvia a quanto già detto nei paragrafi precedenti in relazione alle singole ipotesi di prelazione legale.

13. I termini per esercitare il diritto di prelazione

Come abbiamo visto, i termini per l’esercizio del diritto di prelazione legale su beni immobili divergono a seconda della fattispecie (si rimanda ai paragrafi specifici). Riassumendo, il diritto deve essere esercitato:

  • in caso di prelazione ereditaria, entro 2 mesi dalla notifica (art. 732 c. 2 c.c.);
  • in caso di prelazione urbana (del conduttore), entro 60 giorni dalla notifica (art. 38 c. 3 legge 392/1978)
  • in caso di prelazione agraria, entro 30 giorni dalla notifica (art. 8 c. legge 590/1965).

Nella prelazione volontaria, il termine entro cui esercitare il diritto è indicato nell’apposito patto concluso tra le parti.

Quanto all’esercizio del diritto di riscatto, previsto per le ipotesi di prelazione legale:

  • in caso di prelazione ereditaria, sino a quando dura la comunione ereditaria e si prescrive in 10 anni decorrenti dal momento in cui il diritto poteva farsi valere (ad esempio, dal momento del trasferimento della quota ereditaria, Cass. 3465/2013);
  • in caso di prelazione urbana (del conduttore), entro 6 mesi dalla trascrizione del contratto di compravendita (art. 39 c. 1 legge 392/1978);
  • in caso di prelazione agraria, entro 1 anno dalla trascrizione del contratto di compravendita (art. 8 c. 5 legge 590/1965).

Come abbiamo visto, il termine entro cui esercitare il diritto di riscatto decorre dal momento della trascrizione dell’atto. Quindi, sul prelazionario grava l’onere di consultare i pubblici registri immobiliari. Sul punto, si sottolinea (F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, XV ed., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2011, 898) come tale situazione risulti iniqua, infatti:

  • se la denuntiatio è rispettata, il termine per esercitare la prelazione decorre da quando il prelazionario ne abbia conoscenza (ossia da quando riceva la raccomandata o la notifica dell’ufficiale giudiziario);
  • se la denuntiatio non avviene (ossia se il prelazionario non viene avvisato), il termine per esercitare il riscatto decorre dal momento in cui egli ne abbia la mera conoscibilità (consultando i pubblici registri immobiliari) e non la effettiva conoscenza.

In tema di prelazione convenzionale, si ricorda che per la giurisprudenza «il patto di prelazione per il caso di eventuale vendita, stipulato senza limiti di tempo, non ricade nel divieto di rapporti obbligatori che tolgano senza limitazioni cronologiche al proprietario la facoltà di disporre dei suoi beni, in quanto tale patto non comporta l’annullamento dell’indicata facoltà, restando sempre il proprietario perfettamente libero di disporre o meno dei suoi beni ed alle condizioni che meglio preferisce, bensì soltanto un limite riflettente la libera scelta della persona del compratore, la quale, almeno nella normalità dei casi, a parità di tutte le altre condizioni, è indifferente per il venditore» (Cass. 3009/1982; Cass. 5213/1983; Cass. 15709/2013). Nel caso in cui le parti non abbiano stabilito un termine, la giurisprudenza ammette la possibilità di un intervento del giudice (ex art. 1183 c.c.), il quale, su istanza di una delle parti, potrà fissare un termine finale ritenuto congruo per l’esercizio del diritto di prelazione (Cass. 15709/2013).

Infine, per completezza espositiva, si segnala che il mancato esercizio del diritto di riscatto da parte del prelazionario, avvenuto perché il concedente e il terzo lo hanno indotto a ritenere che l’atto di compravendita non fosse avvenuto, dà diritto al prelazionario per ottenere il risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. (Cass. 17433/2006).

14. La rinuncia alla prelazione

La prelazione è un diritto rinunciabile, tuttavia occorre distinguere i casi di prelazione volontaria, in cui il diritto ha fonte nell’autonomia privata delle parti e quelli di prelazione legale, in cui il diritto proviene direttamente dalla legge.

La rinuncia può essere esplicita, ossia il prelazionario espressamente comunica al concedente di non volersene avvalere; oppure implicita o tacita, quando il prelazionario fa spirare il termine entro cui avrebbe dovuto esercitare il diritto (ad esempio, il conduttore lascia passare i 60 giorni senza rispondere al locatore).

La rinuncia sopra esaminata riguarda il caso in cui il prelazionario non eserciti la prelazione; la rinuncia successiva alla comunicazione (denuntiatio) è sempre legittima, nondimeno non si tratta di rinuncia in senso proprio, ma semplicemente di mancato esercizio del diritto.

Invece, si discute se sia ammissibile un atto abdicativo prima della denuntiatio, ossia della comunicazione del prelazionante.

In caso di prelazione volontaria, la rinuncia antecedente alla denuntiatio è sempre possibile, mentre è esclusa in caso di prelazione legale, stante i superiori interessi per i quali la legge stabilisce tale diritto a favore del prelazionario.

Infine, si segnala che la rinuncia può riguardare l’esercizio del:

  • diritto di prelazione,
  • diritto di retratto o riscatto

Si ritiene che la rinuncia possa avere forma libera, stante la natura di atto meramente abdicativo.

15. Differenze tra patto di prelazione, opzione e contratto preliminare unilaterale: cenni

Il patto di prelazione erroneamente è assimilato al preliminare, in quanto si confonde l’obbligo di dare la preferenza ad un determinato contraente con l’obbligo di contrarre previsto in capo ad uno solo dei contraenti (preliminare unilaterale). Orbene, il concedente la prelazione – a differenza del promittente – conserva la propria libertà e può decidere di contrarre o meno.  In alcun modo il prelazionario può obbligarlo a contrarre, invece, il promissario ha diritto di concludere il contratto. Infine, il prelazionante non è obbligato a conservare il bene, anzi è libero di deteriorarlo o distruggerlo; al contrario, il promittente che ponga in essere simili azioni è considerato inadempiente. Inoltre, in caso di diritto di prelazione convenzionale su immobili, il patto di prelazione non è trascrivibile, mentre il contratto preliminare è soggetto a trascrizione e la parte può invocare il rimedio ex art. 2932 c.c. (precluso in caso di prelazione volontaria).

Patto di prelazione

Contratto preliminare unilaterale

Prelazionante – Prelazionario

Promittente -Promissario

È il contratto con cui il prelazionante si impegna, a parità di condizioni, a preferire il prelazionario nella conclusione del contratto

È il contratto con cui una sola delle parti si obbliga a concludete il definitivo; l’altro contraente ha un diritto (non un obbligo) a contrarre.

Il prelazionante si impegna a preferire il prelazionario – non è obbligato a contrarre

Il promittente si impegna a concludere il definitivo – è obbligato a contrarre

 

Il patto di opzione (art. 1331 c.c.) ricorre quando le parti convengono che una di esse (opzionante o proponente) rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra (opzionario) abbia facoltà di accettarla o meno. La dichiarazione dell’opzionante si considera quale proposta irrevocabile (art. 1329 c.c.). Come nella prelazione, il proponente si trova in uno stato di soggezione, ma nell’opzione la soggezione riguarda la decisione dell’opzionario (di contrarre o meno), mentre nella prelazione la soggezione riguarda unicamente la scelta del soggetto con cui contrarre.

 

Patto di prelazione

Patto di opzione

Prelazionante – Prelazionario

Opzionante – Opzionario

È il contratto con cui il prelazionante si impegna, a parità di condizioni, a preferire il prelazionario nella conclusione del contratto

È il contratto con cui l’opzionante mantiene ferma (irrevocabile) la sua proposta per un determinato tempo

Il prelazionante si impegna a preferire il prelazionario – si trova in uno stato di soggezione

L’opzionante è vincolato alla propria proposta contrattuale – si trova in uno stato di soggezione

Il prelazionario ha diritto di concludere il contratto (diritto potestativo) solo se riceve la comunicazione (denuntiatio) dal prelazionante

L’opzionario ha il potere di concludere il contratto (diritto potestativo)

 

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