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Le garanzie statali sulle cartolarizzazioni delle sofferenze bancarie, approvate nel 2016, hanno consentito agli istituti di abbattere la zavorra dei crediti deteriorati, facendo uscire dai loro bilanci quasi 120 miliardi di questi asset. L’attuale esecutivo non ha rinnovato lo «scudo» e nei giorni scorsi la Banca d’Italia ha sottolineato come il quadro congiunturale dei tassi elevati abbia inceppato il meccanismo

Le politiche economiche che il governo di Giorgia Meloni sta mettendo in atto sono improntate a una grande prudenza. E non poteva essere diversamente visto che c’è da tenere sotto controllo un debito pubblico che si sta avvicinando ai 3 mila miliardi. Il principale garante di questa linea è il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Inizialmente la scelta del vicesegretario della Lega non era scontata ma si sta rivelando una mossa azzeccata per mettere al riparo l’Italia e il governo dalle dinamiche legate ai conti pubblici (come testimoniano le cessioni delle quote in Eni e Mps alle fondazioni). Nelle scorse settimane uno dei temi più spinosi ha riguardato il Superbonus. Il ministro ha dovuto sostenere una dura battaglia per introdurre delle modifiche all’estensione del periodo di detrazione delle spese a dieci anni e una riduzione graduale delle agevolazioni per le ristrutturazioni a partire dal 2028. La stretta del governo è un problema per le banche. A causa del divieto di compensare i crediti di imposta relativi ai bonus edilizi con i contributi previdenziali e i premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Un blocco che impedirà agli istituti di smaltire una parte dei prestiti che hanno in pancia. Il divieto sulla compensazione scatterà dal 2025 e riguarderà tutti i crediti, anche quelli vecchi che sono stati generati fino ad ora.




















































Che cosa sono le Gacs e come funzionano

C’è però un’altra tegola che può piombare sui conti italiani. Stiamo parlando delle Gacs (Guarantee on securitization of bank non performing loans), le garanzie statali sulle cartolarizzazioni delle sofferenze bancarie. Si tratta di un particolare strumento che nel 2016 il governo guidato da Paolo Gentiloni ha messo a disposizione degli istituti per consentire di abbattere la zavorra dei crediti deteriorati. Cerchiamo di spiegare come funziona questo meccanismo. La banca trasferisce un portafoglio di Npl a un veicolo che si finanzia offrendo titoli a investitori istituzionali. Quei bond sono classificati per tranche, in base alla tempistica di rimborso del capitale. Ogni euro recuperato dai crediti va prima a rimborsare le tranche senior, poi le cosiddette mezzanine e infine le junior, le più rischiose. Ai tempi del governo Gentiloni le cartolarizzazioni non partivano perché erano considerate troppo rischiose e quindi penalizzanti per le banche che non riuscivano a incassare. L’invenzione delle Gacs ha fornito la soluzione. Facendo, però, diventare lo Stato una specie di assicuratore. Le società veicolo di cartolarizzazione hanno comprato una garanzia pubblica relativa alla tranche senior, escutibile in circostanze specifiche. A patto però che un’agenzia di rating avesse concesso ai titoli un giudizio investment grade. Una volta approvata la legge, le banche hanno fatto a gara per ottenere lo scudo delle Gacs. Si sono sviluppate nuove società specializzate nella cartolarizzazione. Sono nate dapprima su mutui ipotecari e, in seguito, su una vasta gamma di tipologie di crediti, come quelli derivanti dai prestiti al consumo, quelli legati ad operazioni di leasing o a finanziamenti a imprese.

Lo stop e i problemi

Il settore ha conosciuto una crescita senza soste. La prima a muoversi è stata la Popolare di Bari con un’operazione di circa 500 milioni, gestita da Prelios. Poi è stata la volta della Cassa di risparmio di Asti che ha messo sul mercato quasi 700 milioni, del Credito Valtellinese con la cartolarizzazione Aragorn da 1,7 miliardi e in seguito delle Bcc. Le due maggiori cessioni sono state quella di Unicredit (17,7 miliardi condotta da Fortress e Pimco) e successivamente quella del Montepaschi (24 miliardi). Per gli istituti di credito la strategia si è rivelata efficace e in cinque anni circa 118 miliardi di Npl sono usciti dai loro bilanci. Poi le Gacs sono sparite dalle cronache finanziarie, anche perché nel frattempo la garanzia pubblica è scaduta e il governo Meloni non l’ha rinnovata. Ma come si sa il diavolo fa le pentole e non i coperchi. E sono cominciati a sorgere i primi problemi. La tegola principale è stata il Covid che, con il lockdown e la chiusura dei tribunali, ha rallentato l’attività. Ma anche la Banca centrale, presieduta da Christine Lagarde, e il mercato hanno dato il loro contributo con la crescita dei tassi. Sebbene i servicer e gli arranger (consulenti) avessero chiesto al governo di emettere le note di cartolarizzazione a un interesse fisso, la legge e le sue diverse riscritture hanno sempre previsto un tasso variabile. Risultato? Il peggioramento del grado di copertura delle senior. Adesso il mercato ha puntato una lente sulle cartolarizzazioni di crediti deteriorati garantite dallo Stato. Nei giorni scorsi la Banca d’Italia, guidata da Fabio Panetta, ha lanciato un allarme.

L’avvertimento di Banca d’Italia

Via Nazionale ha sostanzialmente detto: «La performance delle cartolarizzazioni ha risentito del quadro congiunturale. L’aumento dei tassi ha ridotto la domanda per acquisto di immobili, accrescendo le difficoltà di recupero da questi attivi che aveva già risentito dei rallentamenti delle aste durante la pandemia. Le difficoltà dei debitori ceduti hanno inoltre diminuito le opportunità di incasso derivanti dalla conclusione di accordi stragiudiziali». Nell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria pubblicato il 30 aprile Banca Italia ha dichiarato che: «Le proiezioni degli incassi attesi hanno evidenziato per undici operazioni, tutte originate prima del rinnovo della garanzia nel 2019, la possibilità che la Gacs potesse essere effettivamente escussa. Per le operazioni originate a partire dal 2020 gli indicatori non hanno invece dato ancora segnali di possibile default sulle note senior ma registrano un rallentamento degli incassi». Tradotto: lo Stato potrebbe trovarsi con il cerino in mano. E dover rimborsare chi ha investito nelle obbligazioni emesse per gli Npl. L’escussione è un rischio concreto, anche se non immediato. Perché si arrivi all’intervento dello Stato il veicolo deve trovarsi con uno shortfall (disavanzo) di cassa che renda impossibile il pagamento degli interessi sui titoli senior. Oppure bisognerà attendere la scadenza formale delle cartolarizzazioni che hanno un arco temporale ventennale. Ma Bankitalia sa che il mercato non aspetta mai troppo a lungo. Per questo via Nazionale ha messo le mani avanti avvertendo il governo del rischio che corre.

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