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Spese di istruzione

Sono detraibili, nella misura del 19 per cento, le spese di istruzione diverse da quelle universitarie. L’art. 1, della legge 107/2015 (c.d. legge della buona scuola), ha modificato la detrazione delle spese per la frequenza scolastica che, a partire dal 2015, sono state distinte da quelle universitarie. La detrazione spetta sia per le spese di frequenza della scuola secondaria di secondo grado sia per quelle delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione del sistema nazionale di istruzione di cui all’art. 1 della legge 62/2000, costituito da scuole statali e da scuole paritarie private e degli enti locali. La detrazione spetta in relazione alle spese per la frequenza di scuole dell’infanzia (scuole materne); scuole primarie e scuole secondarie di primo grado (scuole elementari e medie); scuole secondarie di secondo grado (scuola superiore); sia statali sia paritarie private e degli enti locali.

Interessi passivi per i mutui

Per quanto riguarda ad esempio gli interessi passivi per i mutui, nella guida apposita l’Agenzia ricorda che «gli interessi passivi, gli oneri accessori e le quote di rivalutazione corrisposti in dipendenza di mutui danno diritto ad una detrazione dall’imposta lorda nella misura del 19 per cento. La detrazione spetta con differenti limiti e condizioni a seconda della finalità del mutuo contratto dal contribuente». «In linea generale – spiega ancora il documento – la detrazione spetta con riferimento agli interessi passivi e oneri accessori pagati nel corso del 2023, a prescindere dalla scadenza della rata (criterio di cassa)». Sono escluse dalla detrazione: le spese di assicurazione dell’immobile in quanto non hanno il carattere di necessarietà rispetto al contratto di mutuo; le spese inerenti l’onorario del notaio per la stipula del contratto di compravendita; le imposte di registro, l’Iva e le imposte ipotecarie e catastali, connesse al trasferimento dell’immobile e le spese per l’incasso delle rate di mutuo. Non danno diritto alla detrazione gli interessi pagati a seguito di aperture di credito bancarie, di cessione di stipendio e, in generale, gli interessi derivanti da tipi di finanziamento diversi da quelli relativi a contratti di mutuo, anche se con garanzia ipotecaria su immobili. Non danno diritto alla detrazione nemmeno gli interessi pagati a fronte di un prefinanziamento acceso per finanziare un mutuo ipotecario in corso di stipula per l’acquisto della casa di abitazione. La detrazione spetta con limiti diversi a seconda della finalità per cui è stato contratto il mutuo e, talvolta, del periodo di sottoscrizione del medesimo. In linea generale, in caso di mutuo intestato a più soggetti, ogni cointestatario può fruire della detrazione unicamente per la propria quota di interessi nei limiti previsti da ogni tipologia e quindi non è possibile portare in detrazione la quota degli interessi sostenuti per conto di familiari fiscalmente a carico. Unica eccezione a questa regola riguarda i mutui stipulati per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale.

Bonus mobili ed elettrodomestici

Per quanto riguarda le spese per l’arredo degli immobili ristrutturati (bonus mobili), ai contribuenti che fruiscono della detrazione prevista dall’art. 16-bis del Tuir, per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, è riconosciuta una detrazione, pari al 50 per cento delle spese sostenute, per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di interventi di recupero edilizio. La detrazione, introdotta dal decreto legge 63/2013, e inizialmente riferita alle spese sostenute dal 6 giugno al 31 dicembre 2013, è stata, successivamente, prorogata dalla legge 234 del 2021 (legge di bilancio 2022). Questa norma ha previsto l’estensione del beneficio anche alle spese documentate sostenute negli anni 2022, 2023 e 2024 e la riduzione del massimale di spesa agevolabile che, per il 2023, non deve essere superiore a 8.000 euro, inoltre ha modificato i riferimenti in termini di classi energetiche, prevedendo che, per le spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2022, i grandi elettrodomestici devono essere di classe non inferiore alla classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori, per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione. Fino al periodo di imposta 2021, questi grandi elettrodomestici dovevano essere di classe non inferiore alla A+, nonché A per i forni, e per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica. Per le spese sostenute nel 2023 per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici, il beneficio spetta a condizione che l’acquisto sia stato effettuato in connessione con lavori di recupero del patrimonio edilizio iniziati a decorrere dal 1° gennaio 2022 (anno precedente all’acquisto). Per gli acquisti di mobili effettuati entro il 2016 non era previsto alcun vincolo temporale di consequenzialità con l’esecuzione dei lavori e, pertanto, potevano fruire del Bonus mobili i contribuenti che avevano sostenuto spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio a decorrere dal 26 giugno 2012. La detrazione spetta anche al contribuente che abbia sostenuto solo una parte delle spese relative all’intervento edilizio o che abbia pagato solo il compenso del professionista o gli oneri di urbanizzazione. Se le spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio sono state sostenute, ad esempio, soltanto da uno dei coniugi e quelle per l’arredo dall’altro, il Bonus mobili per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici non spetta a nessuno dei due.

Riqualificazione energetica

La detrazione spettante per le spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti (c.d. Eco bonus) è stata introdotta dalla legge 296 del 2006, che ne delinea l’ambito di applicazione con riguardo alla tipologia di interventi agevolabili, alla percentuale di detrazione spettante, nonché alle modalità di fruizione della detrazione. La legge elenca le tipologie di interventi che danno diritto alla detrazione e, per ciascuno di essi, l’ammontare massimo di detrazione spettante. Le detrazioni sono attualmente disciplinate dal decreto legge 63 del 2013 e successive modificazioni che ha elevato l’aliquota della detrazione al 65 per cento con riferimento alle spese sostenute a partire dal 6 giugno 2013, data di entrata in vigore del decreto stesso, al 31 dicembre 2024 e ha introdotto ulteriori interventi agevolabili. A partire dal 2018, inoltre, per alcune spese la detrazione è ridotta al 50 per cento. Agli interventi la cui data di inizio lavori sia successiva al 6 ottobre 2020, si applicano le disposizioni e i requisiti tecnici di cui al d.m. 6 agosto 2020 (c.d. decreto Requisiti). Agli interventi la cui data di inizio lavori sia antecedente al 6 ottobre 2020, si applicano le disposizioni di cui al d.m. 19 febbraio 2007 e successive modificazioni. La data di inizio lavori può essere comprovata, ove prevista, dalla data di deposito in comune della relazione tecnica di cui al decreto legislativo 192 del 2005. L’art. 119 del decreto legge 34 del 2020 ha introdotto nuove disposizioni che disciplinano la detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 a fronte di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica (ivi inclusa la installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici, c.d. Superbonus). Il contribuente, spiega ancora l’agenzia delle Entrate, può avvalersi della maggiore detrazione prevista dall’art. 119 del decreto legge n. 34 del 2020 per le spese sostenute dal 1° luglio 2020, rispettando gli adempimenti specificamente previsti in relazione alla stessa. Per i lavori edili avviati dal 28 maggio 2022 di importo complessivo superiore a 70.000 euro la detrazione spetta se nell’atto di affidamento dei lavori, stipulato a partire dal 27 maggio 2022, è indicato che questi interventi sono eseguiti da datori di lavoro che applicano i contratti collettivi del settore edile, nazionale e territoriali, stipulati dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (legge di bilancio 2022). La mancata indicazione del contratto collettivo nelle fatture emesse in relazione all’esecuzione dei lavori non comporta il mancato riconoscimento della detrazione, purché questa indicazione sia presente nell’atto di affidamento e il contribuente sia in possesso di una dichiarazione sostitutiva rilasciata dall’impresa attestante il contratto collettivo utilizzato nell’esecuzione dei lavori edili relativi alla fattura emessa.

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