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Nadia Calviño – Web

«Stiamo già adottando una serie di misure per aiutare i Paesi più vulnerabili del Sud Globale a uscire dal problema del debito, che fa crollare il loro sviluppo. Ci sono molti progetti in corso, ma dobbiamo accelerarli e incrementarli». Già vicepresidente e ministra dell’Economia in Spagna, Nadia Calviño da gennaio 2024 è la prima donna alla guida della Bei, la Banca europea per gli investimenti.

In una delle sue prime interviste a una testata italiana, la presidente della Bei risponde così alle sollecitazioni di Papa Francesco, che nei giorni scorsi ha ricevuto lei e gli altri partecipanti al seminario in Vaticano sulla cancellazione del debito nei Paesi del Sud, organizzato dalla Pontificia accademia delle scienze. A economisti e tecnocrati, il Papa ha chiesto di «spezzare il ciclo finanziamento-debito» provando a creare «un meccanismo multinazionale, basato sulla solidarietà e sull’armonia dei popoli».

Presidente Nadia Calviño, l’anno del Giubileo è dai tempi dell’Antico testamento il momento speciale in cui si cancellano i debiti. Cosa può fare il Nord sviluppato per liberare le energie e le risorse del Sud, gravato da debiti spesso inesigibili?

È chiaro che l’onere del debito, in questo momento, sta facendo crollare lo sviluppo dei Paesi più poveri del mondo. Non è tanto una questione di solvibilità, come all’inizio del secolo. Si tratta piuttosto del fatto che molte risorse sono destinate a pagare il tasso di interesse, invece di essere investite nella salute e nell’educazione. E il seminario della Pontificia accademia delle scienze è stato molto produttivo nell’individuare i modi per aiutare questi Paesi a uscire dal problema. Non si tratta tanto di una discussione sulla cancellazione del debito, ma di come fare per far sì che recuperino una forte crescita e siano in grado di liberarsi da questo fardello.

E che ruolo può avere la Bei in questo processo?

La Banca europea per gli investimenti è una delle più grandi istituzioni multilaterali di sviluppo nel mondo. In media, il 10% dei nostri investimenti avviene al di fuori dell’UE, che equivale a circa 8 miliardi di euro all’anno. E stiamo già adottando misure per sostenere i Paesi più vulnerabili, anche per aiutarli a uscire dal problema del debito. Ad esempio, offrendo scadenze molto lunghe, fornendo condizioni finanziarie vantaggiose per programmi sulla salute. Stiamo lavorando a un programma per il clima con le Barbados, il cosiddetto debt-for-climate conversion, che permette al Paese di convertire il debito in cambio di investimenti a favore dell’azione climatica. Stiamo anche collaborando con le altre istituzioni multilaterali di sviluppo per rendere le nostre azioni più efficaci, efficienti e veloci. Le iniziative sono molte, ma dobbiamo accelerarle e incrementarle. Questo è il messaggio principale.

E quali sono gli investimenti nei paesi africani?

L’Africa è continente in cui investiamo di più al di fuori dell’Europa. È una priorità assoluta per noi. Sosteniamo progetti infrastrutturali, a favore dell’azione climatica, per la salute, per l’istruzione, per sostenere la resilienza e lo sviluppo di questi Paesi. Un programma molto importante è quello con la Vaccine Alliance, che porterà alla creazione di tre impianti di produzione di vaccini in Africa.

C’è bisogno di una ricapitalizzazione della Bei da parte dei paesi membri?

La Bei è il braccio finanziario dell’Unione europea e finanzia le nostre politiche comuni, si può considerare uno strumento di successo dell’Unione dei Mercati di Capitale, facendo da ponte fra gli investimenti pubblici e privati. Con un capitale di 22 miliardi di euro abbiamo attivato investimenti per 5 mila miliardi di euro. Fin dalla nostra creazione, siamo stati redditizi e abbiamo rappresentato un ottimo investimento per i Paesi europei, che sono i nostri azionisti. Abbiamo così permesso all’Europa di parlare con una voce forte nel mondo.

L’Ucraina è al centro degli investimenti europei. C’è la possibilità – qualcuno direbbe il rischio – che la Bei possa finanziare anche l’acquisto di armamenti?

Oggi siamo il principale partner di investimento dell’Ucraina. La prossima settimana sarò a Berlino e spero di poter firmare con il primo ministro ucraino Denys Shmyhal un accordo per accelerare i nostri investimenti sul territorio. Stiamo finanziando infrastrutture strategiche per l’energia e il trasporto, la ricostruzione di ospedali, scuole e case. E l’estensione del numero di emergenza 112. La Bei sta già sostenendo con forza l’Ucraina e spero che molto presto la guerra sarà finita. Ma non aspettiamo la fine della guerra per sostenere la ricostruzione del Paese, lo stiamo già facendo. La Bei non è un Ministero della Difesa ma, visto il contesto geopolitico che affrontiamo, abbiamo aumentato il nostro supporto all’industria della sicurezza e difesa europea, rilassando i nostri criteri di finanziamento per progetti a doppio uso civile e militare (dual-use), nonché per sostenere le piccole e medie imprese attive in questi settori, salvaguardando la nostra capacità di investimento.

In questo fine settimana si vota per il rinnovo del Parlamento europeo. Un appuntamento che non appassiona particolarmente l’elettorato in Italia. Molti infatti sentono le istituzioni dell’Unione Europea come una burocrazia lontana dai problemi dei territori.

È un grande errore dare per scontata l’Europa. Io dico che l’Europa è molto presente nella nostra vita quotidiana. E l’Italia è un chiaro successo dell’Unione Europea: è il principale beneficiario delle risorse Bei da sempre ed è anche il primo beneficiario del Piano nazionale di ripresa e resilienza. L’anno scorso, abbiamo investito in Italia più di 12 miliardi di euro in infrastrutture, scuole, ospedali, energia e modernizzazione, con una forte attenzione all’azione climatica e alla coesione. Dipende da tutti noi sostenere la nostra Unione, che ha portato e continua a portare prosperità.

E per l’Italia, quale ruolo svolge esattamente la Banca Europea per gli Investimenti?

La faccio alcuni esempi tangibili: l’anno scorso, la Bei ha finanziato numerose università: come la Bocconi, il Politecnico, gli atenei di Bologna, Modena e Reggio Emilia, e quest’anno il nuovo campus della Statale di Milano. Poi c’è il trasporto su ferro: tutta l’Alta velocità, recentemente la tratta Napoli-Bari e la Palermo-Catania. Senza dimenticare i treni regionali in diverse aree del Paese. E c’è il settore idrico, col progetto firmato l’anno scorso per migliorare la resilienza del servizio idrico, nelle aree colpite dall’alluvione in Emilia-Romagna. Penso anche al doppio cavo sottomarino che collegherà la Sicilia con la Sardegna e la Penisola italiana, per favorire la sicurezza energetica in Italia e Europa. Sono convinta che gli ultimi cinque anni, con la pandemia e la guerra, abbiamo dimostrato che siamo più forti insieme. Ora gli europei devono restare uniti, perché il resto del mondo è molto complicato. Il mio invito a tutti è di andare a votare. L’Europa è importante per la nostra sicurezza, il nostro benessere, il progresso. È importante per l’Italia.



 

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