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“Salva Casa”: obiettivi ed ostacoli

L’obiettivo del Decreto è indubbiamente vitale: regolarizzare le lievi difformità degli immobili, i cosiddetti abusi “minori”, per rimuovere gli ostacoli sulla loro “commerciabilità economica” che può essere compromessa dalla presenza di un abuso, anche se non di gravità tale da escluderne la commerciabilità giuridica.

Il piccolo proprietario che compra, in caso di lievi difformità, potrà trovarsi esposto alle sanzioni previste per l’abuso commesso dal precedente proprietario (demolizione, riduzione in pristino, sanzione pecuniaria, etc.), potrà vedersi impedita la possibilità di presentare nuovi progetti edilizi, non potrà fruire di benefici fiscali e, inoltre, potrà incontrare difficoltà nel procedere alla successiva rivendita dell’immobile.

Tutto ciò non fa che disincentivare il flusso di compravendite di un mercato sano; intervenire è sacrosanto ma l’ostacolo enorme oggi è ancora la “doppia conformità” che il legislatore ha voluto codificare anni addietro con enormi effetti negativi e che questo decreto alleggerisce ma non risolve

E l’ostacolo enorme oggi è ancora la “doppia conformità” che il legislatore ha voluto codificare anni addietro con enormi effetti negativi e che questo decreto alleggerisce ma non risolve

Altri rischi sono quelli di una sorta di auto denuncia sul piano penale se si avvia un procedimento di sanatoria e questo non va a buon fine con effetti pericolosi come, p.es. decadenza di bonus ottenuti, coinvolgimento dei professionisti intervenuti ecc.

In questo quadro normativo c’è anche il rischio di un’applicazione delle norme a “macchia di leopardo”, un’incertezza nel definire la singola fattispecie di difformità con il rischio che si creino diverse e contrastanti prassi applicative nei singoli Comuni, con conseguente disparità di trattamento tra i cittadini e un alto rischio di contenziosi giudiziari.
Aggiungo l’aggravante che l’applicazione del DL sotto regimi diversi di leggi regionali genererà diffusi dubbi e rischia di impedire una giurisprudenza comune nazionale.

 

Sarebbero necessarie riforme più ampie, condivise anche con altri Paesi UE

Il DL ha buone intenzioni ma avvia cattive prassi e non sembra proprio andare nella direzione adatta a rimettere il settore nei giusti binari.

Personalmente ritengo da tempo che nel settore edilizio-urbanistico si debba intervenire alla radice con riforme ampie e di respiro europeo. Ma non sembrano esserci mai i presupposti per avanzare una proposta organica e inoltre il mondo degli Ordini Professionali non sembra più il luogo giusto per proposte di ampio respiro.
Tornando allo specifico, lo sforzo di liberare gli immobili dallo stupido coacervo di norme che hanno, loro si, generato abusi è da condividere. Ma non aggiungendo norma a norma; ma partendo ab origine.
Affronto solo il tema delle difformità parziali

Due punti chiave sono: il livello di progetto che si porta ad approvazione e l’impostazione di fondo del Catasto Edilizio. Mi spiego meglio sommariamente.

Se il progetto che ottiene la concessione è scala 1:50 l’abuso possibile per difformità è della stessa scala, quindi un piccolo dettaglio può essere esiziale; lo stesso vale per le norme edilizie urbanistiche che si fissano nei piani o, addirittura nelle leggi, magari quelle con effetti penali.

Il Catasto ne consegue: le definizione degli elaborati per l’accatastamento è tale che costringe a varianti continue se si vuol mantenere la legittimità dell’immobile a fronte di variazioni anche minime.

Lascio perdere altre considerazioni ma ricordo che in molti altri Paesi europei gli elaborati per approvazione della P.A. o per depositi catastali sono più generici, interpretabili, e non soggetti al ricatto di denuncia penale ad ogni piè sospinto.

 

Tre punti per innovare

Questo mi ha sempre portato a proporre alcune linee di intervento:

  • la depenalizzazione, in ogni parte dove è possibile, del processo edilizio e quindi anche del concetto di abuso che andrebbe totalmente ridisegnato; (con magari un’amnistia per il passato)
  • l’adozione del doppio libro fondiario, Catastale e Tavolare, di origine Austro-Ungarica e ancora vigente nei territori ex Austria come in Trentino-Alto Adige, nella Provincia di Belluno e nelle zone di confine del Friuli Venezia Giulia. In pratica, avviare in Italia un regime di gestione delle proprietà immobiliari indipendente da quello della sua descrizione catastale;
  • Mentre i primi due sono strettamente di competenza statale, un terzo punto è strettamente urbanistico: passare attraverso un piano attuativo o un progetto convenzionato per regolarizzare il tutto.

Ma è troppo per questa breve nota!

Due parole sul regime del doppio libro fondiario. È un sistema di registrazione dei beni immobili che prevede l’esistenza di due registri distinti: il Catasto e il Libro Fondiario (Tavolare).

Il primo è un registro amministrativo che fornisce informazioni principalmente di tipo fiscale e riguarda la descrizione dei beni immobili, la loro ubicazione, consistenza e rendita catastale. Non ha valore legale per quanto riguarda la proprietà e i diritti reali sugli immobili.

Il Tavolare è un registro giuridico che ha valore legale e rappresenta il titolo di proprietà e di altri diritti reali sugli immobili. Questo sistema garantisce una maggiore sicurezza giuridica rispetto al semplice Catasto, poiché ogni diritto o modifica viene annotata e ha effetto legale immediato.

Ma non solo, la divisione in due, amministrativa e giuridica, della registrazione degli immobili permetterebbe di agire con semplificazioni utilissime nei due regimi senza commistioni e ambiguità.

Quello sul catasto era uno dei dibattiti urbanistici fra gli ingegneri di una ventina di anni fa che avevano intuito le grandi implicazioni sul processo edilizio-urbanistico di una riforma radicale del catasto italiano.

Implicazioni che oggi in un mondo “data-driven”, guidato dai dati, sono ancor più evidenti. Basti pensare a come, con satelliti, laserscan, ecc. potremmo azzerare quasi i costi di registrazione e controllo degli immobili; processo divenuto talmente costoso per la PA ma anche per l’utente finale da indurre diffusa elusione di obblighi e regolarizzazioni, origine vera degli abusi “cartacei”.

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