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La chiusura operata dal Decreto Cessioni (D.L. n. 11/2023), se
applicata alla lettera, produce una sorta di effetto retroattivo
sui benefici derivanti dall’acquisto di case antisismiche, in
quanto va ad interessare non solo le compravendite che verranno
effettuate dopo la sua entrata in vigore (16 febbraio 2023), ma
anche quelle avviate mediante contratti preliminari firmati nei
giorni precedenti e, per qualche motivo, non registrati.

La legge concede infatti trenta giorni per registrare gli atti,
sia quelli siglati presso un notaio sia quelli, più frequenti,
gestiti tra privati.

Delle problematiche procedurali connesse ai contratti
preliminari sottoscritti prima del 16 febbraio e registrati dopo,
ne abbiamo già parlato in
precedenti articoli
.

Le soluzioni a disposizione dei costruttori (e di conseguenza
degli acquirenti) per bypassare questo ennesimo ostacolo, che di
colpo ha vietato lo “sconto” operato dal costruttore, non sono
molte.

In primis l’impresa può rinunciare ad “offrire” il
sisma-acquisti ai propri clienti, e valutare di sfruttare la
detrazione per ridurre l’importo delle imposte da pagare. In tal
modo viene tenuta in salvo la possibilità, per l’impresa, di cedere
il credito derivante dal “normale” Sismabonus a un istituto
finanziario, in quanto ciò che conta è la data di avvio delle
procedure autorizzative e non quella di registrazione dei
preliminari di vendita. Il rovescio della medaglia è rappresentato
dalla maggiore difficoltà di commercializzazione degli immobili e
dal fatto che le unità moltiplicatrici del plafond sono quelle “di
partenza” (esistenti ante demolizione) e non quelle “di arrivo”
(post intervento), solitamente in numero maggiore.

Una diversa possibilità è quella di andare alla ricerca di
clienti che possiedono capienza fiscale sufficiente (o quasi) per
assorbire i crediti derivanti dal bonus e anche liquidità per
coprire i costi. Una “combo” non sempre facile da trovare,
soprattutto per chi aveva già pianificato le cose sperando nello
sconto.

Sarà soprattutto quest’ultimo il caso che, d’ora in avanti, si
presenterà ai costruttori che sceglieranno di non rinunciare alla
leva del vantaggio fiscale riservato agli acquirenti delle case
antisismiche.

Una possibile soluzione al problema della capienza fiscale:
l’acquisto in comproprietà

Tralasciando la casistica, ormai in esaurimento, dei
Sismabonus-acquisti al 110%, per i quali era richiesta
l’effettuazione del rogito entro il 30 giugno scorso, il credito
fiscale derivante dalla demolizione e ricostruzione di interi
edifici con riduzione di due classi di rischio sismico è pari
all’85% di 96.000 euro per ogni unità immobiliare.

Tale importo (81.600 euro) è detraibile in 5 annualità e quindi
corrisponde a una rata di 16.320 euro all’anno. Non sono molti i
soggetti (persone fisiche) così capienti, considerando anche le
normali detrazioni che derivano dalla “quotidianità” (spese per
acquisto di medicinali, cure, etc).

Tuttavia non bisogna dimenticare che la detrazione acquisti può
essere ripartita tra tutti i soggetti che si intestano l’immobile,
in modo proporzionale alle quote di proprietà (rif. Circolare
13.05.2011 n. 20, risposta 2.1/b, per analogia).

Se, ad esempio, due coniugi acquistassero un appartamento in
comproprietà avrebbero diritto a “dividersi” anche la detrazione e
quindi sarebbe sufficiente una capienza pari a 8.160 euro
(16.320/2), sicuramente più accessibile.

Il problema si sposta però sul piano dei pagamenti perché, per
rendere possibile l’operazione descritta, entrambi dovrebbero
intervenire nella compravendita con denaro “proprio”, già posseduto
o reperito in banca a proprio nome.

Una possibile soluzione al problema della liquidità: l’acquisto
con usufrutto

Una possibile soluzione, purtroppo parziale, ma utile per
consentire di correggere in corsa il piano di chi aveva sperato
nello sconto da parte dell’impresa e si trova un “buco” di 81.600
euro, potrebbe essere quella di concedere l’usufrutto del bene a un
soggetto terzo di fiducia (ad esempio un genitore). L’acquirente
diventerebbe così il “nudo proprietario” del bene e pertanto non
perderebbe il diritto all’agevolazione fiscale. L’usufruttuario
interverrebbe nell’atto con una quota in denaro determinata in
funzione della propria età (ovvero della durata del diritto di
godimento del bene).

Se, ad esempio, il prezzo dell’unità immobiliare fosse pari a
200 mila euro e se il soggetto a favore del quale viene iscritto
l’usufrutto avesse 70 anni, il valore della nuda proprietà (a
carico del figlio) sarebbe pari a 120.000 euro e, di conseguenza,
quello dell’usufrutto (a carico del genitore) sarebbe pari a
80.000, tale quindi da tappare il “buco” creato dal blocco degli
sconti fiscali che, fino a pochi giorni fa, potevano essere
effettuati dai venditori.

Il calcolo di queste quote viene effettuato utilizzando appositi
coefficienti introdotti dal DPR 131/86 e ora aggiornati dal recente
DM 20 dicembre 2022. Sul web sono disponibili vari simulatori.

Pertanto, nell’ipotesi prospettata, il figlio si troverebbe a
sborsare un importo inferiore per l’acquisto (120 mila anziché 200
mila), e potrebbe continuare a detrarre in dichiarazione l’intero
importo derivante da Sismabonus-acquisti.

La detrazione è riconosciuta infatti agli acquirenti in
relazione alla quota di proprietà dell’immobile, a nulla rilevando
chi ha sostenuto la spesa (circolare 20/E/2011, risposta 2.1/b, e
circolare 19/E/2020).

Questa ottimizzazione, essendo fatta “in famiglia”, non
cambierebbe nulla in termini di reale godimento dell’unità
immobiliare ed eviterebbe di passare per ulteriori pratiche di
prestito bancario, sicuramente onerose visto l’attuale andamento
dei tassi di interesse e lunghe da ottenere.

Qualunque altra “manovra”, ad esempio una donazione in denaro,
dovrebbe essere valutata con cautela, poiché revocabile,
impugnabile e soggetta a tassazione.

A cura di Cristian Angeli
ingegnere esperto di detrazioni fiscali applicate all’edilizia
www.cristianangeli.it

© Riproduzione riservata

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