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Il Superbonus sta presentando il suo costo reale: la bolla è pronta a esplodere anche se gli effetti sull’economia si vedono già da tempo. Mentre la Commissione europea apre una procedura per deficit eccessivo, nuovi dati confermano i timori legati alla nota agevolazione per ristrutturare casa e, in generale, al sistema dei bonus edilizi. Per Bankitalia il costo netto dei bonus è di 100 miliardi di euro. Fanno circa 1.700 euro a testa, per ora. Alla fine non si sono ripagati da soli: per ogni punto di Pil generato ce ne sono stati tre di spesa. Gli effetti economici sono confermati, ancora una volta, anche dall’Ufficio parlamentare di bilancio e nel frattempo migliaia di aziende chiudono: vuol dire che la situazione può ancora peggiorare.

Quanto è costato davvero il Superbonus allo Stato: i nuovi dati di Bankitalia

In due anni, i bonus edilizi – tra bonus facciate e Superbonus – sono costati allo Stato 170 miliardi di euro. Di questi, secondo gli ultimi dati Enea, 122,7 miliardi riguardano il Superbonus. I sostenitori, come Giuseppe Conte che con il Movimento 5 Stelle è stato tra gli ideatori della misura, hanno spesso sostenuto che la spesa per finanziare i lavori di ristrutturazione si sarebbe ripagata da sola.

Un nuovo studio di Bankitalia la vede diversamente: “I benefici per il complesso dell’economia in termini di valore aggiunto sono stati più bassi rispetto ai costi sostenuti per le agevolazioni”. Vuol dire che i costi hanno superato i benefici. Le misure erano state introdotte nella seconda metà del 2020 ”con l’obiettivo di stimolare il settore delle costruzioni attraverso investimenti mirati”. Inizialmente, la mole di lavori avviati aveva effettivamente spinto il Pil al rialzo, contribuendo alla ripresa economica nel periodo post pandemico.

Il problema è che la spesa ha di gran lunga superato la crescita prodotta. Secondo le stime degli economisti, nel biennio 2021-23 Bonus facciate e Superbonus hanno portato tra 2,6 e 3,4 punti di Pil su 13,5 punti totali di crescita, un contributo tra il 20 e il 25 per cento. Ma se rapportiamo questi benefici alla spesa totale di 170 miliardi, ogni punto di Pil guadagnato ne è costato tre. Vuol dire che il costo netto di Superbonus e bonus facciate è stato di 100 miliardi di euro, circa 1.700 euro a testa.

I problemi sono arrivati dopo la “fiammata” iniziale: nel 2023 “il deficit è risultato superiore al 5,3 percento atteso nelle stime della Nadef del settembre scorso a causa, soprattutto, degli effetti del Superbonus”, si legge nell’ultima relazione annuale dell’Ufficio parlamentare di Bilancio al Parlamento, che ha portato all’apertura della procedura di infrazione ai danni dell’Italia da parte della Commissione Ue. Ma questi problemi dureranno ancora a causa della mole di crediti di imposta ancora da smaltire per cui “non si possono escludere effetti inattesi alla luce di quanto avvenuto negli anni passati”.

Il “peso morto” di 45 miliardi regalati

Nella spesa del Superbonus c’è una buona quota di investimenti sprecati. ”Si stima che circa un quarto della spesa relativa agli investimenti sussidiati – oltre 45 miliardi – sarebbe stata effettuata anche in assenza degli incentivi”. Vuol dire che 45 miliardi di euro in ristrutturazioni si sarebbero realizzati a prescindere dai bonus edilizi.

38 milioni di euro per un solo condominio: le ultime follie del Superbonus

In altre parole, un quarto della spesa totale è da considerare una “perdita secca”, com’è stata definita dai ricercatori di Bankitalia. Questo è successo perché chiunque poteva accedere alla misura. L’ultimo esempio è arrivato coi fondi Pnrr dedicati ai bonus edilizi: 13,7 miliardi di cui la metà usata per lavori in 46.922 villette. Il resto è andato ai condomini, con un intervento record da oltre 38 milioni di euro per un edificio di Mezzana, un paese di 890 abitanti in provincia  di Trento.

Le aziende nate e morte col Superbonus: la mappa della crisi

Dopo la fiammata iniziale la bolla del Superbonus è esplosa, proprio nel settore che inizialmente aveva trainato l’economia. Quasi 11.000 aziende edili hanno chiuso. Avevano avviato l’attività a fine 2020 per poi chiuderla tra il 2022 e il 2023. L’andamento è chiaro nel tempo, come si vede dal grafico sotto di Today.it a partire da un’elaborazione InfoCamere sui dati del registro delle Imprese.

Dalla nascita del Superbonus, a metà del 2020, con il passare dei mesi sempre più ditte hanno cessato l’attività. L’andamento visibile nel grafico non è casuale: a fine 2022 le imprese chiuse superano quota 1.700, per poi arrivare a superare le 3.000 uscite a inizio 2023: sono proprio i mesi in cui le norme sulle aziende che effettuano i lavori si fanno più stringenti. Solo nel Lazio sono state 1.171, di cui 802 a Roma. Le chiusure proseguono poi nel 2023 fino ad arrivare a 10.924 cessazioni. Imprese nate e morte col Superbonus.

 

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