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Secondo la Cassazione n. 11155/2024, l’ammissione al passivo fallimentare del credito bancario non preclude la possibilità del curatore di esercitare, in sede ordinaria, un’azione risarcitoria contro l’istituto di credito per il finanziamento abusivo nei confronti dell’impresa.

Ai sensi dell’art. 96 comma 6 del RD 267/42: “Il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte dal tribunale all’esito dei giudizi di cui all’art. 99, producono effetti soltanto ai fini del concorso”.
I provvedimenti adottati in sede di accertamento del passivo non acquistano, infatti, efficacia di cosa giudicata, ma spiegano effetti preclusivi interni alla procedura, ove la domanda ex art. 93 del RD 267/42 risulta orientata solo al riparto dell’attivo (Cass. n. 11808/2022).

L’ammissione di un credito al passivo, quindi, non ha efficacia tra le parti al di fuori del fallimento, poiché il giudicato “endofallimentare” comprende solo la statuizione di rigetto o di accoglimento della domanda di ammissione, precludendone il riesame (Cass. nn. 8010/2022, 27709/2020 e 34421/2023).
L’efficacia preclusiva delle decisioni assunte in tale sede impedisce il riesame delle questioni relative all’esistenza, alla natura e all’entità dei crediti in ambito fallimentare, ma non ha efficacia di vincolo sulle questioni comuni ad altra controversia tra le stesse parti, quand’anche vertente sul medesimo rapporto giuridico.

Conformemente ad alcuni precedenti giurisprudenziali (Cass. nn. 11808/2022, 8010/2022 e 27709/2020), resta escluso il possibile contrasto di giudicati tra l’ammissione di crediti al passivo (stabilizzata dal giudicato endofallimentare) e le azioni della curatela in sede ordinaria per accertare l’invalidità del medesimo titolo contrattuale.
Tali pronunce confermano, altresì, come non sia preclusa l’azione risarcitoria della curatela volta a far valere la responsabilità della banca per l’illecito sostegno finanziario fornito all’impresa.

La banca può, invece, opporre il credito (in via di compensazione e fino a concorrenza ex art. 56 del RD 267/42) alla pretesa risarcitoria esercitata dal curatore: tale possibilità è riconosciuta anche nel caso in cui l’ammissione al passivo non sia definitiva (o non sia stata nemmeno richiesta), poiché il concorso formale ex art. 52 del RD 267/42 non impedisce al creditore l’eccezione riconvenzionale di compensazione con un proprio controcredito nel giudizio proposto dal curatore (Cass. nn. 18223/2002, 30298/2017 e 28833/2017; Cass. SS. UU. n. 21499/2004).

L’accertamento della responsabilità risarcitoria può essere fatto valere dalla curatela in sede ordinaria, sia pure in misura ridotta e parametrata agli interessi passivi maturati sul credito, trattandosi di titoli distinti di natura contrattuale ed extracontrattuale.
Il curatore, pertanto, può, contestare la condotta della banca, quale causa del dissesto.

La condotta della banca è causa del dissesto

I giudici ricordano che:
– l’erogazione “abusiva” del credito (effettuata, con dolo o colpa, ad un’impresa che versi in una situazione di difficoltà economico-finanziaria e in assenza di concrete prospettive di superamento della crisi) integra un illecito del finanziatore (essendo venuto meno ai doveri di prudente gestione) e lo vincola al risarcimento del danno, ove ne discenda un aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell’attività d’impresa;
– la responsabilità della banca per abusiva concessione del credito all’impresa in stato di difficoltà può sussistere in concorso con quella degli organi sociali di cui all’art. 146 del RD 267/42, in via di solidarietà passiva ex art. 2055 c.c., quali fattori causativi del medesimo danno, senza la necessità di un esercizio congiunto delle azioni (verso gli organi sociali e verso il finanziatore), trattandosi di litisconsorzio facoltativo;
– il curatore è legittimato ad agire contro la banca per la concessione abusiva del credito in caso di (illecita) nuova finanza, o di mantenimento dei contratti in corso, che abbia cagionato una diminuzione del patrimonio del fallito per il danno conseguente al finanziamento e per il pregiudizio al ceto creditorio circa la garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c. (Cass. nn. 18610/2021 e Cass. 29840/2023).

 

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