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Non chiamatelo “condono edilizio” ma non c’è dubbio che con
l’entrata in vigore del Decreto
Legge 29 maggio 2024, n. 69
recante “Disposizioni urgenti
in materia di semplificazione edilizia e urbanistica
” (Decreto
Salva Casa), e con le modifiche introdotte al d.P.R. n. 380/2001,
cambia il concetto stesso di abuso edilizio oltre che le
possibilità di sanatoria (di cui scriverò in altro
approfondimento).

Condono edilizio e accertamento di conformità: le
differenze

Preliminarmente occorre ricordare le differenze sostanziali tra
le parole “condono” e “accertamento di conformità”, il cui
obiettivo comune è sanare ciò che è stato abusivamente
realizzato.

Il condono edilizio è una procedura “straordinaria” che, a
determinate condizioni e in alcune precise finestre temporali, ha
consentito di ottenere la sanatoria di opere realizzate:

  • senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a
    costruire prescritte da norme di legge o di regolamento, ovvero in
    difformità dalle stesse;
  • in base a licenza o concessione edilizia o autorizzazione
    annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace, ovvero nei cui
    confronti sia in corso procedimento di annullamento o di
    declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o
    amministrativa.

Sono 3 le leggi speciali che hanno previsto il condono
edilizio:

  • la Legge 28 febbraio 1985, n. 47 recante “Norme in materia di
    controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e
    sanatoria delle opere edilizie” pubblicata sul Supplemento
    Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 53 del 2 marzo 1985 (il primo
    condono edilizio);
  • la Legge 23 dicembre 1994, n. 724 recante “Misure di
    razionalizzazione della finanza pubblica” pubblicata sul
    Supplemento Ordinario n. 174 alla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 30
    dicembre 1994 (il secondo condono edilizio);
  • la Legge 24 novembre 2003, n. 326 recante “Conversione in
    legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2003, n.
    269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la
    correzione dell’andamento dei conti pubblici” pubblicata sul
    Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 274 del 25
    novembre 2003 (il terzo condono edilizio).

Benché il condono sia stato certamente utile per tanti motivi
(ma su questo tema si potrebbe aprire un dibattito che come sempre
vedrebbe fazioni contrapposte), uno dei più grandi limiti è stata
proprio la finestra temporale che ha “condannato” le pubbliche
amministrazione a chiudere nei cassetti molte istanze che, lavorate
nel corso dei decenni, hanno generato rigetti, dubbi, ricorsi,
sentenze e, in generale, tanti costi e tempo perso (ed è forse
questo il motivo per cui non sono mai stato favorevole a nuovi
condoni edilizi).

Sulla base del primo condono edilizio (art. 13 della Legge n.
47/1985), è stato inserito all’interno del Testo Unico Edilizia
l’art. 36 con l’accertamento di conformità che, diversamente dal
condono, ha consentito per oltre un ventennio la sanatoria dei
cosiddetti “abusi formali”. Per ottenere il permesso di costruire
in sanatoria il legislatore ha deciso di mantenere il requisito
della conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente
sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento
della presentazione della domanda (la “doppia conformità
urbanistica ed edilizia”).

 

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