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gli emendamenti che stravolgerebbero il Piracy Shield #finsubito prestito immediato

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“Un’iniziativa che tradisce due anni di impegno e leale collaborazione del settore”. E’ il commento amaro del Presidente di AIIP – l’Associazione Italiana Internet Provider, che rappresenta e tutela gli interessi delle imprese telco – Giovanni Zorzoni sulla presentazione, da parte di senatori della maggioranza, di due emendamenti, in sede di conversione del decreto Omnibus, (prima ritenuti improponibili) destinati a modificare la legge c.d “antipezzotto”, ribaltando le conclusioni raggiunte ad esito di un Tavolo tecnico AGCOM e introducendo nuovi e pericolosi obblighi di sorveglianza, sanzionati penalmente, in capo agli operatori di comunicazione.

Ma andiamo con ordine: la Legge antipezzotto, entrata in vigore il 1° febbraio scorso, è nata per meglio prevenire e contrastare la fruizione di contenuti pirata (in particolare le partite di serie A) in diretta streaming, attraverso una piattaforma di filtraggio, conosciuta come Piracy Shield. Le relative norme prevedono, in capo ai prestatori di servizi, l’obbligo di filtrare, anche in tempo reale, quei siti che diffondono abusivamente contenuti tutelati dal diritto d’autore.

“Sin dall’inizio abbiamo collaborato lealmente con Agcom, con il legislatore, e tutti gli attori coinvolti per un corretto funzionamento del Piracy Shield. Non solo ci siamo tempestivamente adeguati alle nuove prescrizioni, ma abbiamo fornito, con impegno e continuità, contributi puntuali a livello tecnico e giuridico-regolatorio, per assicurare il corretto funzionamento di uno strumento di filtraggio che, se implementato in modo adeguato, rischia di pregiudicare non solo i diritti di cittadini incolpevoli, ma la stessa sicurezza e integrità della rete Internet.”

“Negli ultimi mesi, la politica aveva rassicurato gli operatori che, da un lato, si sarebbe garantita la piena applicazione dei nuovi obblighi a tutti gli attori – compresi i big player stranieri – che non si sono adeguati a Piracy Shield, dall’altro, che lo Stato avrebbe individuato una dotazione finanziaria per ristorare gli operatori dei gravi costi già sopportati; infine, che si sarebbe introdotto un efficiente sistema di sblocco degli IP, ad onere dei segnalatori, per evitare che tali risorse IP, critiche per il funzionamento della rete, restassero bloccate inutilmente anche una volta cessato l’utilizzo abusivo, Invece, due emendamenti a firma di senatori dell’attuale maggioranza parlamentare, che erano stati originariamente e correttamente dichiarati “improponibili” dalle Commissioni riunite V e VI del Senato, sono stati sorprendentemente riammessi negli ultimi giorni. Se approvati, rappresenterebbero un vulnus inaudito nei rapporti tra lo Stato e i fornitori di pubblici servizi di comunicazione elettronica, e verosimilmente anche un potenziale conflitto tra organi dello Stato stesso.”

Il primo emendamento prevede, dopo un periodo transitorio di un anno, la cancellazione dell’attuale tetto massimo di indirizzi IP e FQDN da filtrare, tetto che era stato introdotto proprio nell’ambito dei confronti tecnico-regolatori tra operatori e AGCOM. Approvando tale emendamento, tra l’altro nell’ambito di un Decreto del tutto estraneo per materia, e assegnato in sede redigente a Commissioni con competenze diverse da quelle delle comunicazioni elettroniche, la maggioranza autorizzerebbe un numero illimitato di blocchi, smentendo il complesso lavoro svolto dall’Autorità di settore e dal Tavolo Tecnico.

“Oltre al danno per gli operatori, costretti a ulteriori significativi investimenti per poter gestire un numero crescente e indeterminato di filtraggi, questo scenario condurrebbe a un graduale ma inarrestabile blocco di risorse di rete già scarse. C’è il serio rischio che si arrivi a chiedere alle aziende filtri infiniti senza invece, come da noi richiesto da tempo e sempre promesso dalla politica, procedere alla revisione periodica degli indirizzi oscurati e agli sblocchi di risorse non più utilizzate illegalmente”.

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Il secondo emendamento prevede invece una nuova ipotesi di reato in capo a tutti i prestatori di servizi, inclusi i fornitori di accesso alla rete, che, non necessariamente in presenza della consapevolezza di condotte illecite, ma anche solo di un mero sospetto o, addirittura, di “motivi ragionevoli per sospettare”, non segnalano alle Autorità i propri utenti.

“Come si può rischiare un procedimento penale per non aver segnalato un mero sospetto, potenzialmente infondato, o per la “colpa” di non aver sospettato, in presenza di incerti “motivi” neppure individuati dalla norma penale? Si tratta di una previsione incostituzionale, indeterminata, che imporrebbe agli operatori Internet obblighi di sorveglianza generalizzata, seguendo un modello che si pone al di fuori dell’Occidente democratico. Come AIIP, ma sono certo che non saremo i soli, avverseremo in ogni sede italiana ed europea queste modifiche, qualora venissero approvate” conclude Zorzoni.



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