Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#adessonews
Affitto Immobili
Agevolazioni - Finanziamenti
Aste Abruzzo
Aste immobili
Aste Regioni
bed & breakfast
Immobili
Il deposito del verbale di mediazione in modalità cartacea anziché digitale e visionato dalla controparte costituisce una mera irregolarità che rende comunque procedibile la domanda giudiziale. #finsubito prestito immediato

Effettua una nuova ricerca

 

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#adessonews
Affitto Immobili
Agevolazioni - Finanziamenti
Aste Abruzzo
Aste immobili
Aste Regioni
bed & breakfast
Immobili


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI

QUARTA SEZIONE CIVILE

 

composta dai seguenti Magistrati…. dott. Macini Luigi rel., ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

nel procedimento iscritto al numero 4882 del ruolo generale dell’anno 2017 vertente tra:

— (c.f. ), procuratore di se stesso, 

 e

Appellato

FATTI DI CAUSA

1.Con atto ritualmente depositato in data 15.07.2014, — proponeva, innanzi al tribunale di Napoli, ricorso ex art. 447 bis c.p.c.- iscritto al numero di r.g. 20039/2014 – premettendo che: a) in forza di contratto di locazione siglato in data 3.01.2007, conduceva l’appartamento – adibito a studio legale – sito in Napoli, alla Via A. –, di proprietà di — per un canone annuo complessivo pari a euro 21.300,00; b) nel — e, successivamente, nell’aprile 2012, due diversi ambienti del detto appartamento, in particolare, la sala da bagno e la contigua stanza adibita ad archivio, erano stati interessati da rilevanti fenomeni di infiltrazione; c) nelle more dei lavori – consistiti nella rimozione della vetusta fecale, rivelatasi in materiale — – la locatrice aveva continuato ad esigere il pagamento per intero del canone di locazione, pur essendo l’immobile solo parzialmente godibile; d) la godibilità solamente parziale dello stesso era altresì dettata dalla completa inutilizzabilità del balcone dello studio, dal cui pavimento di erano staccati calcinacci e il cui calpestio era stata interdetto al conduttore; e) la locatrice si era rifiutata di sostituire gli infissi delle finestre divenuti decadenti. Tutto quanto premesso, — si risolveva per formulare all’adito Giudice le seguenti richieste conclusive: 1)previo accertamento dei vizi della cosa locata, disporre la rideterminazione del canone locativo mensile dovuto fin dall’aprile 2010; 2) condannare la convenuta al ripristino o sostituzione degli infissi delle finestre; 3) condannare la locatrice all’eliminazione dei detti vizi dell’immobile, nonché al risarcimento dei danni subiti e subendi in relazione al godimento parziale dello stesso.

2. All’udienza di discussione si costituiva, tardivamente, la resistente — eccependo che: a) le lamentate infiltrazioni erano state causate dalla rottura della fecale di proprietà condominiale; b) solo una piccola stanza dell’appartamento era stata interessata dai lamentati fenomeni infiltrativi oltre che dai conseguenti lavori di riparazione. Dunque, concludeva instando perché il Giudice dichiarasse: 1) la propria carenza di legittimazione passiva in merito alla asserita responsabilità per le infiltrazioni, dovute alla rottura della fecale condominiale e per la conseguente sostituzione dei tubi in — 2) il rigetto, nel merito, delle domande attrici.

3. In altro giudizio, recante numero di r.g. 2620/2015 (originariamente iscritto al n. —/2014, iscrizione rinnovata all’esito del mutamento del rito) — aveva intimato al — lo sfratto per morosità dallo stesso immobile, per non aver questi corrisposto i canoni di locazione per i mesi di — e — , oltre alle somme dovute per l’assolvimento degli oneri condominiali. Nello specifico, aveva chiesto, per il caso di convalida, la contestuale emissione del decreto ingiuntivo per la somma complessiva di euro 15.567,85, di cui: euro 3.550,00 per canoni scaduti; euro 11.804,85 per spese condominiali non corrisposte; euro 213,00, per spese di registrazione del contratto.

Finanziamo strutture per affitti brevi

Gestiamo strutture per affitto breve

4. Si costituiva ritualmente l’intimato — eccependo: 1) di avere regolarmente versato il canone di — , con bonifico in data precedente all’intimazione; 2) di aver regolarmente versato il canone di — , qualche giorno dopo la notifica dell’intimazione; 3) con riferimento agli oneri accessori, di aver concordato un imporlo complessivo per gli stessi pari a euro 105,00 al trimestre, contestando conseguentemente la fondatezza della pretesa creditoria di controparte; 4) con riferimento al rimborso delle spese di registrazione, di non averle versate per non aver mai ricevuto la relativa richiesta di pagamento.

5. Con ordinanza datata al 4.02.2015, il Giudice emetteva ordinanza provvisoria di rilascio dell’immobile – fissando al 8.04.2015 la data per l’esecuzione del detto provvedimento esecutivo – e disponeva il mutamento del rito.

6. L’immobile veniva rilasciato dal — in data 4.11.2015, come evincibile da verbale in atti. Il prosieguo era fissato per il 31.03.2016, previa assegnazione del termine di quindici giorni per l’esperimento della procedura di mediazione obbligatoria, pena l’improcedibilità della domanda.

7. Nella memoria integrativa delle istanze iniziali, la parte ricorrente — lamentava in aggiunta: a) omesso versamento dei canoni locativi di agosto, — e — (mesi antecedenti il rilascio del cespite); b) omesso versamento di oneri condominiali dal 2007 al 2015; c) omesso versamento delle spese di registrazione del contratto per gli anni 2014 e 2015. Dunque, concludeva ex novo chiedendo: 1) la risoluzione del contralto per inadempimento del conduttore; 2) la condanna di quest’ultimo al pagamento dei canoni di agosto, — e — , nonché delle spese condominiali dal 2007 al 2015, oltre alle spese di registrazione del contratto relative agli anni 2014 e 2015; 3) la dichiarazione del diritto della locatrice a ritenere il deposito cauzionale ammontante ad euro 3.200,00, a parziale compensazione di quanto ancora dovuto dal conduttore, con contestuale condanna del medesimo al pagamento della somma in eccedenza.

8. Nella memoria integrativa di parte resistente — veniva eccepito, tra l’altro: 1)l’improcedibilità della domanda attorea per omesso esperimento del procedimento di mediazione;2) l’infondatezza della domanda avversa, essendo stati i canoni di — e — regolarmente versati; 3) la prescrizione di tutti i richiesti oneri accessori. Concludeva, dunque, la medesima parte resistente instando per il rigetto integrale delle domande avverse. 

9. Con ordinanza datata al 4.04.2016, il procedimento con R.G. n. 2620/2015 veniva riunito a quello avente R.G. n. 20039/2014.

10. Con sentenza n. 7562, pubblicata il 3.7.2017, il tribunale di Napoli ha rigettato le domande di — ha accolto, per quanto di ragione, la domanda di — dichiarando risolto il contratto, ha condannato — a rilasciare l’immobile; ha condannato — al pagamento della somma di euro 14.157,00 oltre interessi legali sull’importo di euro 350,00 dalla scadenza del canone di — e sull’importo di euro 1.775,00 dalla scadenza del canone di — (in quanto l’importo di euro 5.325,00 dovuto per i canoni di agosto, — ed — è stato parzialmente compensato dal credito del conduttore per il deposito cauzionale) e sull’importo di euro 11.819,00 (euro 11.606,00 per oneri condominiali ed euro 213,00 per registrazione del contratto per l’anno 2014) dalla notifica dell’atto di intimazione e sull’importo di euro 213,00, per spese di registrazione del contratto per l’anno 2015, dalla data del deposito della memoria ex art. 426 cpc della — Ha compensato le spese nella misura del 15%, ponendo la restante parte a carico del — In motivazione ha dedotto che: non era improcedibile la domanda di sfratto, in quanto vi era la prova della mediazione; l’art. 5 della legge 392 del 1978 non si applica alle locazioni non abitative, per cui la gravità dell’inadempimento deve essere valutata ai sensi dell’art. 1455 c.c.; il canone di — era stato pagato prima della intimazione e il canone di — era stato pagato pochi giorni dopo l’intimazione. Si doveva però tenere conto anche del comportamento successivo delle parti e la — aveva lamentato il mancato pagamento dei canoni di agosto, — e — ; con missiva del 7.7.2014 la locatrice aveva chiesto il pagamento degli oneri condominiali, pari ad euro 11.804,85. L’art. 9, comma 3, della legge 392 del 1978 prevede che entro due mesi dalla richiesta delle spese, il conduttore possa chiedere la giustificazione. Nella specie, il — non aveva avanzato alcuna richiesta, per cui non poteva più pretendere alcuna giustificazione; anche se le parti avevano convenuto verbalmente il pagamento di soli euro 105,00 a titolo di spese condominiali, alla fine non avevano trasfuso il patto nel contratto; non vi era prova che gli oneri condominiali dal 2007 al 2015 fossero stati versati dal — dal 22.12.2008 la prescrizione degli oneri aveva durata di 5 anni, ex art. 2948 n. 3 c.c. Il credito riguardava gli anni 2007-2015. Nel condominio, la prescrizione del credito del locatore al rimborso degli oneri decorre da quando l’assemblea approva il consuntivo annuale, così sorge il diritto del condominio verso il condomino e dunque anche il credito del condomino verso il conduttore. Il 13.4.2008 era approvato il consuntivo 2007; il 20.4.2009 veniva approvato il consuntivo 2008; il 28.4.2010 veniva approvato il consuntivo 2009; il 29.3.2011 veniva approvato il consuntivo 2010; il 3.5.2012 veniva a provato il consuntivo 2011; il 27.2.2013 veniva approvato il consuntivo 2012; agli atti c’erano i conteggi anno per anno dal 2007 al — relativi agli oneri condominiali ordinari; per gli oneri condominiali 2007 la prescrizione era di 2 anni (legge 841/1973): dato che l’atto interruttivo risaliva al 20.5.2013, allora tale credito era prescritto; per i periodi successivi, la prescrizione era di 5 anni e dato che l’atto interruttivo risaliva al 10.5.2013, non era maturata la prescrizione; la — ha legittimamente chiesto il pagamento del 50% delle spese di registrazione del contratto per gli anni 2014 e 2015, che, ai sensi dell’art. 8 della legge 392/1978 è a carico del conduttore; la clausola n. 14 del contratto, che prevedeva che le spese dell’impianto elettrico fossero a carico del conduttore, doveva ritenersi nulla, perchè riguardava spese che non doveva sostenere il conduttore, quindi la locatrice doveva restituire la cauzione di euro 3.200,00; in ragione dei pagamenti non eseguiti, il contratto andava risolto per grave inadempimento del — e quindi questi doveva lasciare l’immobile; non andava fissata alcuna data di rilascio in quanto l’immobile era già stato sgomberato; il — doveva pagare la somma di euro 14.157,00 oltre interessi legali su euro 350,00 dalla scadenza del canone di — e su euro 1.775,00 dalla scadenza del canone di — ; sull’importo di euro 11.819 dalla notifica dell’atto di intimazione e su euro 213, per spese di registrazione del contratto per l’anno 2015 dal deposito della memoria integrativa ex 426 cpc; per i vizi, il conduttore poteva chiedere solo la risoluzione o la riduzione del canone, ma non l’adempimento; per la rottura della colonna fecale, il conduttore poteva chiedere la riparazione ai sensi dell’art. 1576 c.c. ma non la riduzione del canone o la risoluzione ex art. 1578 c.c., sempre che la rottura non riguardasse la colonna del condominio; se la presenza del tubo in eternit costituiva un vizio, questo non diminuiva in modo apprezzabile l’uso pattuito in quanto si trovava all’interno della muratura e la sua eventuale rottura conduceva all’obbligo del locatore di effettuare le riparazioni ex art. 1576 c.c. e la sostituzione sotto la vigilanza della autorità sanitaria. Ove pure si fosse trattato di vizio, questo era facilmente riconoscibile dal conduttore al momento della stipula del contratto, essendo notorio che i palazzi costruiti in tempi passati usavano eternit per le tubazioni; quanto detto per la colonna fecale vale anche per il balcone; il conduttore non aveva dato prova dello stato degli infissi per cui andava rigettata la domanda di sostituzione di questi.

11. — ha proposto appello.

Con il primo motivo di appello, — ha contestato la parte in cui è stata riconosciuta la procedibilità della domanda avanzata dalla — ritenendo esperita la procedura di mediazione. Ha precisato che alcun verbale di mediazione è stato prodotto in via telematica agli atti; ha inoltre dedotto che l’oggetto della istanza di mediazione proposta dalla — e del conseguente verbale erano diversi dall’oggetto del giudizio, come precisato con la memoria integrativa depositata dalla — nel procedimento di sfratto. Pertanto in riforma della sentenza ha chiesto di dichiarare improcedibile la domanda della — in subordine, di dichiarare improcedibile la domanda contenuta nella memoria integrativa del 20.1.2016 della — Con il secondo motivo ha dedotto l’inammissibilità delle domande nuove contenute nella memoria integrativa ex art. 426 cpc della — Questa, con la memoria integrativa, ha infatti addotto nuove domande, contestando il mancato pagamento di ulteriori canoni mensili (agosto, — e — ), rispetto a quelli posti a fondamento della istanza di sfratto, e il mancato pagamento di ulteriori spese condominiali e di una ulteriore annualità del costo di registrazione del contratto, senza però chiedere lo spostamento dell’udienza ai sensi dell’art. 418 cpc. Ha pertanto chiesto la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui ha preso in considerazione le domande nuove e le ha poste a fondamento dell’accoglimento della domanda di risoluzione per inadempimento. Con il terzo motivo ha censurato la sentenza di prime cure nella parte in cui ha ritenuto sussistente il grave inadempimento e ha pronunciato la risoluzione. Ha dedotto che se il giudice di primo grado avesse valutato il comportamento di entrambe le parti, avrebbe rilevato l’assenza di alcun grave inadempimento imputabile al — Per altro, il tribunale – pronunciando ultra petita – ha errato nel compensare il credito alla restituzione della cauzione con i canoni asseritamente non pagati, inquanto il — non aveva chiesto il pagamento della cauzione. Ha anche dedotto che mancava la prova del pagamento da parte della — degli oneri condominiali e dell’ammontare di questi e della imputabilità degli stessi al conduttore. Con il quarto motivo ha ribadito la maturazione della prescrizione del credito relativo agli oneri condominiali, in quanto non vi è stata alcuna valida messa in mora. Con il quinto motivo ha dedotto che non vi è la prova del pagamento, da parte della — delle spese di registrazione in riferimento al contratto di locazione in questione. Con il sesto motivo ha contestato l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha rigettato la domanda di riduzione del canone e di risarcimento del danno. Ha chiesto di: – preliminarmente dichiarare la domanda proposta da — improcedibile e condannare la stessa al pagamento delle spese e competenze del doppio grado di giudizio in favore dell’appellante; – ancora, preliminarmente, accogliere l’appello e dichiarare inammissibili le domande nuove formulate nella memorai integrativa del 20.2.2016, rigettandole; – nel merito, rigettare tutte le domande formulate dalla — e condannare la stessa al pagamento delle spese e competenze del doppio grado di giudizio; – accogliere la domanda formulata da — e per l’effetto accertati i vizi della cosa locata, determinarne la loro incidenza nella misura indicata del 40% sul canone locativo mensile (euro 1.775,00) e quindi con una riduzione di euro 710,00 da — fino al rilascio dell’immobile (15.10.2015) con condanna della convenuta alla restituzione della somma di euro 29.120,00 ed al risarcimento dei danni indicati in euro 3.000,00; – dichiararsi altresì cessata la materia del contendere in relazione alla domanda di ripristino dei locali e degli infissi, dei balconi e delle finestre; – riformare la sentenza in relazione alla condanna alle spese di lite e in accoglimento dell’appello proposto condannare l’appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio; – riformare la sentenza in relazione alla condanna alle spese di lite e in accoglimento dell’appello proposto compensare tra le parti le spese del giudizio di primo grado; – in ogni caso, nel caso di accoglimento dell’appello, ordinare alla — la conseguente restituzione delle somme versate dall’appellante in esecuzione della sentenza impugnata.

12. Si è costituita — Ha contestato ogni motivo di gravame in quanto non fondato ed ha chiesto il rigetto dell’appello; con vittoria di spese.


RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Preliminarmente vanno analizzate le censure che il — ha sollevato avverso le statuizioni di rigetto delle domande dallo stesso avanzate nel giudizio di primo grado, iscritto al numero di r.g. 20039/2014.

2. Va dato atto che il — ha chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere sulle domande di ripristino deli locali, degli infissi, dei balconi e delle finestre dell’immobile adibito a studio legale. Invero, devono dichiararsi inammissibili le domande per sopravvenuta carenza di interesse in capo al — Questi, infatti, ha motivato la sua richiesta di declaratoria di cessazione della materia del contendere evidenziando che nel 2015 – nel corso, cioè, del giudizio di primo grado – egli ha rilasciato l’immobile alla — per cui non ha interesse alle riparazioni in precedenza richieste nella prospettiva della permanenza nell’immobile. Si tratta dunque piuttosto che di cessazione della materia del contendere – la quale sottende un completo soddisfacimento dell’interesse dell’attore in sede altra rispetto a quella giudiziale, tanto da rendere inutile la prosecuzione del giudizio (v. Cons. St. 2687/2018; 1135/2018) -, di sopravvenuta carenza di un interesse giuridicamente rilevante (art. 100 cpc) ad una pronuncia giudiziale che soddisfi l’interesse materiale in precedenza manifestato (v. Cons. St. 3638/2017).

3. Con il sesto motivo di gravame, il — ha censurato, sotto vari profili, la sentenza di primo grado nella parte in cui è stata rigettata la sua domanda di riduzione del canone locativo nella misura del 40%. Ha ribadito che la rottura del tubo della condotta fecale, costituita da un tubo in eternit, la mancata riparazione delle perdite e la mancata sostituzione del tubo (omissioni protrattesi fino al momento del rilascio dell’immobile) hanno comportato l’impossibilità di utilizzare parte dell’immobile; come anche la caduta di calcinacci dal balcone della sala riunioni ha impedito l’utilizzo del balcone stesso e quindi la riduzione del godimento dell’immobile. Il motivo non è fondato e la sentenza di primo grado sul punto deve essere confermata, seppure con una diversa motivazione. — ha lamentato la rottura della condotta fecale passante sotto il pavimento dell’immobile da lui condotto in locazione, in proprietà della — condotta costituita da un tubo di eternit. — ha eccepito in primo grado e ribadito nel presente giudizio (a pg. 19 della comparsa), la carenza di legittimazione passiva, in quanto la condotta fecale rotta era di proprietà condominiale. L’eccezione di carenza di legittimazione passiva è fondata. Premesso che la legittimazione passiva (rectius: la titolarità passiva del rapporto giuridico) è una condizione costituiva della domanda, il convenuto può limitarsi ad eccepire la carenza, trattandosi di mera contestazione di una condizione dell’azione, ed è onere dell’attore, in presenza di contestazione, dare prova che il soggetto evocato in giudizio è il titolare passivo del rapporto dedotto in giudizio (v. Cass. SSUU 2951/2016). La mancata prova comporta il rigetto nel merito della domanda. Nella specie, a fronte della eccezione della — il — non ha né allegato, né provato che la conduttura fecale non fosse di proprietà del condominio, ma di pertinenza dell’appartamento della — Per altro, il — aveva consapevolezza che la conduttura rotta era di proprietà del condominio, atteso che in data 12.4.2012 scriveva all’amministratore del condominio, lamentando le infiltrazioni, e precisando che nel periodo di — si era “nuovamente verificata una rilevante perdita di liquidi nell’appartamento da me condotto in locazione, proveniente verosimilmente dalla fecale condominiale, già interessata per il passato di interventi di riparazione urgenti eseguiti dal Condominio” (v. doc. 1 prodotto dalla — in primo grado nel fascicolo r.g. 20039/2014). Non è prova che la conduttura fosse di proprietà della — la circostanza che questa abbia inviato anche un suo tecnico – oltre al tecnico del condominio – a verificare l’entità del danno. Neanche può dirsi che sulla questione della legittimazione passiva vi sia stata una pronuncia del primo giudice, tale da richiedere specifico motivo di appello (incidentale). Il tribunale ha rigettato le domande del — ritenendo che questi non avrebbe dovuto chiedere la riduzione del canone, ma, ai sensi dell’art. 1576 c.c., avrebbe dovuto chiedere la riparazione, senza risolvere la questione della legittimazione passiva, anzi lasciando impregiudicata tale questione, come emerge dalla frase “… e sempre qualora la rottura della detta colonna fecale non riguardava il tratto di competenza condominiale” (v. pg. 12 della sentenza). Dato che il tribunale ha deciso in ragione di quella che ha ritenuto essere la ragione più liquida, deve concludersi che sulla eccezione di carenza di legittimazione passiva non vi sia stata alcuna pronuncia, neanche implicita (v. Cass. 41019/2021; 20555/2020), il che ha consentito alla — di limitarsi alla riproposizione della eccezione in appello. Non essendoci una sufficiente prova che la condotta fecale in eternit, oggetto di rottura, fosse di proprietà della — non si ha certezza che il — abbia rivolto la sua domanda di riduzione del canone e di risarcimento del danno nei confronti del soggetto legittimato.

Non essendovi la prova che il vizio lamentato pertenga ad un bene della — e che, dunque, questa fosse il soggetto onerato delle riparazioni, a questa non si può imputare alcuna responsabilità. Ne deriva il rigetto della domanda. Quanto alla richiesta di riduzione del canone derivante dalla impossibilità di godere del balcone della sala riunioni – dal quale sono caduti dei calcinacci -, deve osservarsi che la impossibilità di utilizzo del balcone – e solo del balcone, non anche della sala riunioni, come chiarito dallo stesso — -, visto che l’immobile era adibito a studio legale e non ad abitazione, non ha comportato alcuna reale riduzione del godimento dello stesso, atteso che la limitazione ha interessato solo la possibilità di affacciarsi dal balcone, non certo ha limitato la luminosità della sala riunioni o l’afflusso di aria a questa. Va sul punto sottolineato che la riduzione del canone può essere chiesta ove vi sia stata una effettiva riduzione del godimento dell’immobile locato, come in concreto esercitato in precedenza, senza prendere in considerazione una possibilità astratta di godimento. Per portare un esempio chiarificatore, ove in un immobile locato una stanza fosse chiusa e mai utilizzata, una sopravvenuta impossibilità di utilizzo di questa non comporterebbe una necessaria riduzione del godimento, atteso che neanche in precedenza la stanza in questione era oggetto di godimento e la limitazione non è derivata dal fatto sopravvenuto. In conclusione, nel rigettare il motivo di appello in esame, deve essere confermato il rigetto della domanda di riduzione del canone e della conseguente domanda di restituzione dei canoni ritenuti in eccesso, nonchè della domanda di risarcimento del danno.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

4. Con il primo motivo di appello, il —ha censurato il capo della sentenza di primo grado con cui il tribunale ha ritenuto procedibili le domande avanzate dalla — in quanto ha ritenuto che si sia svolta una valida procedura di mediazione e che di questa sia stata fornita prova. Con una prima censura ha contestato che vi sia la prova della mediazione, in quanto il verbale di questa non è stato prodotto telematicamente; con una seconda censura ha dedotto che l’oggetto della mediazione non è sovrapponibile all’oggetto delle domande formulate dalla — come precisato ed ampliato con la memoria integrativa ex art. 426 cpc – depositata in giudizio dopo lo svolgimento della mediazione -. Entrambe le censure sono infondate. Ai sensi dell’art. 16 bis, primo comma, d.l. 179 del 2012, a decorrere dal — nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalita’ telematiche. Il deposito con modalità non previste (per esempio, cartacea invece che telematica) integra una ipotesi di irregolarità, ma non di nullità, né di inammissibilità, atteso che alcuna sanzione specifica è prevista dalla legge in caso di inosservanza della disposizione. Vale la regola della strumentalità delle forme, ex art. 156 cpc, secondo cui, ove la forma non corretta non impedisca che l’atto raggiunga il suo scopo (che nella specie è mettere la controparte a conoscenza del contenuto dell’atto o documento e consentire al giudice di vagliarlo), esso è valido (v. per es. Cass. 9772/2016; 1717/2019). Nella specie, non è contestato che la — depositò in primo grado il verbale della mediazione svolta all’udienza del 30.3.2016, alla presenza della controparte, la quale dunque ne prese visione; inoltre, all’udienza del 18.7.2016 il — diede mostra di avere preso conoscenza del verbale di mediazione, precisando di non accettare il contraddittorio su di esso, in quanto depositato tardivamente. Atteso dunque che il — ha preso piena conoscenza del verbale di mediazione e del contenuto di questo, la circostanza che il verbale sia stato prodotto in forma cartacea e non in formato digitale per via telematica, per quanto costituisca una irregolarità, non importa la nullità del documento né l’inammissibilità del deposito. Oggetto della domanda proposta in primo grado dalla — fu la richiesta di pagamento della somma di euro 15.567,85 a titolo di canoni non pagati (due, cioè — e — ), della metà della imposta di registrazione relativi all’anno 2014 e di spese condominiali, “oltre interessi e successivi canoni ed oneri condominiali sino alla riconsegna dell’immobile” (v. atto di intimazione di sfratto prodotto agli atti). Oggetto della mediazione fu il medesimo della intimazione di sfratto

Con la memoria integrativa ex art. 426 cpc, la — ha chiesto il pagamento della somma di euro 5.325,00 a titolo di canoni non corrisposti (mesi agosto, — e — ), euro 13.231,98 a titolo di oneri condominiali ed euro 426,00 per spese di registrazione del contratto relative agli anni 2014 e 2015, per una somma complessiva di euro 18.982,98. Tenuto conto che nella domanda originaria la — chiese già il pagamento degli ulteriori canoni e delle ulteriori spese condominiali non pagate fino al rilascio dell’immobile, tra la prima domanda e la domanda come integrata non è riscontrabile alcuna differenza, atteso che l’integrazione ha solo specificato ciò che in nuce era già presente nella prima. In ogni caso, va osservato che la giurisprudenza di legittimità in più occasioni ha chiarito che “nel procedimento per convalida di sfratto, l’opposizione dell’intimato ai sensi dell’art. 665 cpc determina la conclusione del procedimento a carattere sommario e l’instaurazione di un nuovo e autonomo procedimento con rito ordinario, nel quale le parti possono esercitare tutte le facoltà connesse alle rispettive posizioni, ivi compresa, per il locatore, la possibilità di porre a fondamento della domanda una “causa petendi” diversa da quella originariamente formulata e, per il conduttore, la possibilità di dedurre nuove eccezioni e di spiegare domanda riconvenzionale” (Cass. 17955/2021), che “nel procedimento per convalida di (licenza o) sfratto, l’opposizione dell’intimato dà luogo alla trasformazione dello stesso in un processo di cognizione, destinato a svolgersi nelle forme di cui all’art. 447 bis c.p.c., con la conseguenza che, essendo previsti specifici contenuti degli atti introduttivi del giudizio, il “thema decidendum” risulta cristallizzato solo in virtù della combinazione degli atti della fase sommaria e delle memorie integrative di cui all’art.426 c.p.c., potendo, pertanto, l’originario intimante, in occasione di tale incombente, non solo emendare le sue domande, ma anche modificarle, soprattutto se in evidente dipendenza dalle difese svolte da controparte” (Cass. 4771/2019), che “in tema di intimazione di sfratto per morosità, qualora l’intimante chieda la condanna del conduttore al pagamento del canone per determinate mensilità e l’intimato proponga opposizione senza che sia emessa l’ordinanza provvisoria di rilascio, non è affetta dal vizio di ultrapetizione la sentenza che, all’esito del giudizio a cognizione piena susseguente alla conversione del rito, condanni il conduttore al pagamento dei canoni relativi anche alle mensilità maturate successivamente fino alla riconsegna del bene locato, dovendo ritenersi la relativa domanda implicitamente contenuta in quella originaria” (Cass. 18686/2007). Pertanto, la modifica delle domande, contenuta nella memoria integrativa ex art. 426 cpc – eventualmente riferibile solo alla ulteriore richiesta della imposta di registrazione relativa all’anno 2015 -, depositata dopo la conversione in rito ordinario, non integra alcuna domanda nuova. Per tutti i motivi spiegati, la — non doveva proporre una ulteriore domanda di mediazione, essendo sufficiente l’unica introdotta.

5. Con il secondo motivo ha eccepito l’inammissibilità delle domande proposte dalla — con la memoria integrativa ex art. 426 cpc, atteso che si è trattato di domande nuove e che la — non ha chiesto lo spostamento dell’udienza ai sensi dell’art. 418 cpc. Il motivo non è fondato. Come già detto, le domande proposte con la memoria integrativa hanno rappresentato, per la maggior parte, solo una specificazione di quelle già avanzate dalla — con l’atto di intimazione di sfratto. Nel resto, si ribadisce – richiamando nuovamente la giurisprudenza di legittimità già riportata – che con la memoria integrativa l’intimante può proporre altre domande, connotate da diversa causa petendi e da diverso petitum rispetto alle precedenti, atteso che è con la memoria integrativa che si cristallizza l’oggetto del giudizio (e non, come sostenuto dal — a pg. 20 dell’atto di appello, con l’atto di intimazione). Non è dunque necessaria alcuna richiesta di spostamento dell’udienza, prevista dall’art. 418 cpc, al fine di proporre nuove domande con la memoria integrativa, dato che questa rappresenta l’atto iniziale del giudizio che si svolge con rito ordinario. 6. Con il terzo motivo il — ha sollevato una serie di censure. Con una prima censura ha contestato che il tribunale abbia errato nel ritenere provato il grave inadempimento imputabile al — tale da giustificare la pronuncia della risoluzione del contratto di locazione. Infatti, al fine di accertare la sussistenza di un inadempimento grave, il giudice avrebbe dovuto valutare il comportamento complessivo tenuto dalle due parti negoziali nel corso dello svolgimento del rapporto. La censura è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse. — nel 2015, ha lasciato l’immobile della — e nel corso del presente giudizio non ha manifestato alcuna intenzione di tornare nella detenzione dell’immobile, ove fosse annullata la pronuncia di risoluzione del contratto – dato che, una volta perenta la risoluzione, non vi sarebbe alcun titolo giuridico a giustificare l’obbligo di lasciare l’immobile -. Posto che — non ha più alcun interesse a lucrare l’effetto giuridico che deriverebbe dal richiesto annullamento della pronuncia di risoluzione del contratto, deve concludersi che dalla pronuncia giudiziale egli non otterrebbe alcun vantaggio teso a soddisfare un interesse materiale perdurante. Rimane invece attuale l’interesse del — alla pronuncia in merito alle censure relative alla condanna al pagamento delle somme riconosciute dal tribunale in favore della — Con altra censura, il — ha contestato l’esistenza di alcuna morosità in quanto a) i canoni relativi ai mesi di — e — sono stati pagati, b) i canoni relativi ai mesi di agosto, — ed — sono stati chiesti con domanda nuova, non ammissibile.

La censura non è fondata. Come già detto la domanda di pagamento dei canoni relativi all’anno 2015 integra una domanda perfettamente ammissibile. In ordine a tali canoni, a fronte dell’allegato mancato pagamento, il — non ha né allegato, né provato di avere provveduto al pagamento, come suo onere ex art. 2697 c.c., trattandosi di fatto estintivo della obbligazione. Per altro, il — a pag. 28 dell’appello, ha riconosciuto di non avere pagato i canoni in questione, chiedendo alla — di poter compensare il debito con la cauzione versata. Pertanto, a credito della — deve riconoscersi la somma di euro 5.325,00, pari alla sommatoria dei canoni di agosto, — ed — , oltre gli interessi legali dalla scadenza di ciascuno dei tre canoni. Nulla è invece dovuto a titolo di canoni relativi ai mesi di — e — – come già riconosciuto dal tribunale -, in quanto non è contestato fra le parti – ed è per altro provato dalla documentazione bancaria prodotta – che tali canoni siano stati corrisposti.

Con altra censura il — ha contestato che la — abbia fornito sufficiente prova dell’esistenza e dell’ammontare del credito relativo agli oneri condominiali richiesti, nonché la prova che abbia pagato tali oneri. Tale censura merita accoglimento. Come anche evidenziato dal — la documentazione prodotta dalla — (ricevute di pagamento; rendiconto dell’amministratore) fa riferimento ad un appartamento identificato come interno 5 della scala C. L’appartamento locato al — è identificato come sito al piano secondo della scala A (v. contratto di locazione prodotto agli atti). A fronte di questa discrepanza, sarebbe stato onere della — dare prova che, a dispetto della differenza di identificazione, si trattava sempre del medesimo appartamento. — si è limitata ad allegare di essere proprietaria di un unico appartamento nell’edificio di via — 62 a Napoli; però, tale allegazione, a fronte della contestazione della controparte e del riscontro documentale evidenziato, non è sufficiente, in assenza di alcuna prova. Pertanto, in accoglimento, per quanto di ragione, del motivo di appello, la sentenza di primo grado deve essere riformata e, per l’effetto, va rigettata la domanda della — di pagamento degli oneri condominiali. Alla luce del rigetto della domanda di pagamento deli oneri, non è necessario analizzare il quarto motivo di appello, relativo alla avvenuta maturazione della prescrizione del credito in questione. Con un’ultima censura, il — ha dedotto che erroneamente il tribunale, andando ultra petita, ha compensato parte del credito riconosciuto in capo alla — con la cauzione versata al momento della stipula del contratto. Ha precisato, sul punto, che egli non ha chiesto in giudizio il pagamento della cauzione, per cui il giudice ex officio non poteva procedere alla compensazione; in ogni caso, nel compensare le somme, il tribunale ha omesso di computare gli interessi maturati sulla cauzione. La censura è parzialmente fondata ai sensi della motivazione che segue. Nell’ambito della locazione, la cauzione è una somma di danaro versata dal conduttore al locatore con lo scopo di garantire questo da eventuali futuri inadempimenti. Pertanto, il locatore, ove in giudizio lamenti degli inadempimenti imputabili al conduttore, (per esempio, mancato pagamento dei canoni, esistenza di danni risarcibili) può chiedere di ritenere la cauzione a compensazione del maggior credito. L’art. 11 della legge 3092 del 1978 recita: “Il deposito cauzionale non puo’ essere superiore a tre mensilita’ del canone. Esso e’ produttivo di interessi legali che debbono essere corrisposti al conduttore alla fine di ogni anno”. Posto che l’art. 79 della legge 392 del 1978 prevede che è nulla “ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge”, la giurisprudenza di legittimità ha statuito che “l’obbligo del locatore di un immobile urbano, di corrispondere al conduttore gli interessi legali sul deposito cauzionale, previsto dall’art. 11, legge n. 392 del 1978, ha natura imperativa, in quanto persegue finalità di ordine generale, tutelando il contraente più debole ed impedendo che la cauzione, mediante i frutti percepibili dal locatore, possa tradursi in un surrettizio incremento del corrispettivo della locazione, e, conseguentemente, sono nulle le clausole contrattuali che stabiliscono una disciplina della restituzione difforme da quella contenuta in detta norma” (v. Cass. 12117/2003). Nella specie, la — ha avanzato domanda di pagamento di somme a titolo di canoni non corrisposti; poi, ha avanzato, con la memoria integrativa ex art. 426 cpc, domanda di ritenzione della cauzione, al fine di scomputarne la somma dal credito – per altro, in assenza di espressa domanda di restituzione della cauzione da parte del — che pure sarebbe stato legittimato, posto che l’immobile è stato rilasciato -. Dato che sono state riconosciute alcune somme a credito della — da queste somme può essere detratto l’ammontare della cauzione, pari ad euro 3.200,00. Va però precisato che la somma da detrarre non è solo pari ad euro 3.200,00, ma su questa somma devono essere computati gli interessi legali dal momento del versamento fino al presente momento. Seppure è vero – come evidenziato dalla — – che all’art. 9 delle clausole del contratto di locazione era previsto che la cauzione sarebbe stata improduttiva di interessi, come visto tale disposizione è nulla in ragione della contrarietà con la norma imperativa contenuta nell’art. 11 della legge 392 del 1978. Incidentalmente va rilevato che la nullità di tale clausola può essere rilevata dal giudice ex officio al momento in cui deve farsi applicazione della stessa: in ogni caso, il mancato computo degli interessi è stato eccepito dal — nell’atto di appello. Pertanto, alla somma di euro 3.200,00 devono essere aggiunti gli interessi legali, maturati dal momento della sottoscrizione del contratto – quando la cauzione fu versata – (3.1.2007) fino al presente momento, somma che ammonta ad euro 643,38. Quindi, dal credito della — deve essere detratta la complessiva somma di euro 3.843,38.

7. Con il quinto motivo, il — ha criticato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha riconosciuto alla — il credito relativo al pagamento delle spese di registrazione del contratto di locazione relative agli anni 2014 e 2015. Ha dedotto che: – i modelli prodotti non riportano il pagamento della imposta relativamente all’immobile condotto dal — – il credito relativo al pagamento dell’imposta per l’anno 2104 è stato vantato solo con la memoria integrativa; – il modello datato 29.1.2015 non riporta la causale del pagamento, quindi non è chiaramente riferibile all’appartamento condotto dal — Il motivo non è fondato. Già si è detto che non costituisce domanda nuova la richiesta di pagamento delle spese di registrazione del contratto per gli anni 2014 e 2015 contenuta nella memoria integrativa ex art. 426 cpc, per cui si tratta di domande ammissibili. Come evidenziato dalla — a pg. 18 della comparsa di costituzione, i due modelli F23 ed F24 relativi al versamento della imposta di registrazione rispportano gli estremi dell’atto (—/03) (v. doc. 10 del fascicolo di primo grado della —; questo numero è quello imposto nell’ultima pagina del contratto di locazione, nel timbro di registrazione, avvenuta il — . Pertanto, si ha la prova che i due versamenti per i quali la — chiede il rimborso della metà si riferiscono proprio al contratto di locazione intercorso tra la — e — In rigetto del motivo di appello, deve confermarsi la sentenza di primo grado e riconoscere alla — la somma di euro 213, 00 a titolo di rimborso di metà della imposta di registrazione del contratto relativa all’anno 2014, oltre interessi legali dalla notifica dell’atto di intimazione, ed euro 213,00 a titolo di rimborso di metà della imposta di registrazione del contratto relativa all’anno 2015, oltre interessi dal deposito della memoria integrativa ex art. 426 cpc della —

8. — va condannata alla restituzione delle somme, maggiori di quelle riconosciutele, eventualmente versate dal — in esecuzione della sentenza di primo grado.

9. In ragione della parziale riforma della sentenza di primo grado, questo Collegio deve provvedere alla liquidazione delle spese del doppio grado di giudizio, in ossequio all’effetto espansivo interno della riforma, ex art. 336 cpc. 10. Per la liquidazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio deve aversi riguardo all’esito finale della controversia (v. Cass. 12718/2021; 27606/2019). Le domande del — sono state tutte rigettate o dichiarate inammissibili per intervenuta carenza di interesse; le domande della — sono state parzialmente accolte. Pertanto sussistono i presupposti per compensare le spese nella misura della metà, ai sensi dell’art. 92 cpc, dato che si è in presenza di una soccombenza reciproca, e condannare, nel resto il — al pagamento delle in favore della — 11. Per la quantificazione deve farsi applicazione dei parametri contenuti nel d.m. 55/2014, come integrato dal d.m. 147/2022. Tenuto conto del valore della controversia, determinato sulla base della somma richiesta dal — deve farsi applicazione della tabella dettata per i giudizi il cui valore sia compreso tra euro 26.000,01 ed euro 52.000,00. Quanto al primo grado, deve farsi applicazione dei valori medi per le fasi di studio, introduttiva, di istruzione e decisoria. Pertanto, apportata la dimidiazione dovuta alla parziale compensazione, va liquidata la somma di euro 3.809,00 a titolo di compenso, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cpa. Quanto al secondo grado, deve farsi applicazione del valore medio per le quattro fasi processuali. Pertanto, operando la dimidiazione dovuta alla parziale compensazione, deve liquidarsi al somma di euro 4.996,00 a titolo di compenso, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cpa.

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Napoli, definitivamente pronunciando, così decide: 1) accoglie parzialmente l’appello proposto da — nei confronti di — riforma la sentenza del tribunale di Napoli n. 7562, pubblicata il 3.7.2017 e, per l’effetto: a) dichiara inammissibili per sopravvenuta carenza di interesse le domande di ripristino dei locali, degli infissi, dei balconi e delle finestre, formulate da — b) rigetta le altre domande proposte da — c) condanna — al pagamento, in favore di — della somma di euro 5.324,00 a titolo di canoni non corrisposti (agosto, — e — ), oltre interessi legali dalla scadenza di ciascun rateo; d) condanna — al pagamento, in favore di — della somma di euro 213,00 a titolo di rimborso di metà della imposta di registrazione del contratto relativa all’anno 2014, oltre interessi legali dalla notifica dell’atto di intimazione, ed euro 213,00 a titolo di rimborso di metà della imposta di registrazione del contratto relativa all’anno 2015, oltre interessi dal deposito della memoria integrativa ex art. 426 cpc della — e) dispone che dalle somme riconosciute in favore di — venga detratta la somma di euro 3.843,38, pari alla cauzione versata da — oltre interessi maturati; f) rigetta la domanda di — di pagamento degli oneri condominiali; 2) condanna — alla restituzione delle somme, maggiori di quelle riconosciutele, eventualmente versate da — in esecuzione della sentenza di primo grado; 3) compensa le spese del doppio grado di giudizio nella misura della metà e pone la restante parte a carico di — liquidando, per il primo grado, euro 3.809,00 a titolo di compenso, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cpa e per il secondo grado, euro 4.996,00 a titolo di compenso, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cpa.

Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 20.12.2022 — — est. — —





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link 

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

Informativa sui diritti di autore

La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni:  la citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi qualora siano effettuati per uso di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica entro i limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera citata o riprodotta.

Vuoi richiedere la rimozione dell’articolo?

Clicca qui

 

 

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Informativa sui diritti di autore

La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni:  la citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi qualora siano effettuati per uso di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica entro i limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera citata o riprodotta.

Vuoi richiedere la rimozione dell’articolo?

Clicca qui

 

 

 

Informativa sui diritti di autore

Questa è una parte dell’articolo originale

Vuoi approfondire l’argomento, criticarlo, discutere

come previsto dalla legge sul diritto d’autore art. 70

Sei l’autore dell’articolo e vuoi richiedere la rimozione?

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui

La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni: “Il riassunto, la citazione (source link) o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

Mutuo asta 100%

Assistenza consulenza acquisto in asta

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui

La rete #dessonews è un aggregatore di news e replica gli articoli senza fini di lucro ma con finalità di critica, discussione od insegnamento,

come previsto dall’art. 70 legge sul diritto d’autore e art. 41 della costituzione Italiana. Al termine di ciascun articolo è indicata la provenienza dell’articolo.

Il presente sito contiene link ad altri siti Internet, che non sono sotto il controllo di #adessonews; la pubblicazione dei suddetti link sul presente sito non comporta l’approvazione o l’avallo da parte di #adessonews dei relativi siti e dei loro contenuti; né implica alcuna forma di garanzia da parte di quest’ultima.

L’utente, quindi, riconosce che #adessonews non è responsabile, a titolo meramente esemplificativo, della veridicità, correttezza, completezza, del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e/o industriale, della legalità e/o di alcun altro aspetto dei suddetti siti Internet, né risponde della loro eventuale contrarietà all’ordine pubblico, al buon costume e/o comunque alla morale. #adessonews, pertanto, non si assume alcuna responsabilità per i link ad altri siti Internet e/o per i contenuti presenti sul sito e/o nei suddetti siti.

Per richiedere la rimozione dell’articolo clicca qui