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Contratto di leasing: la clausola “rischio cambio” non costituisce patto immeritevole di tutela ex articolo 1322 c.c. #finsubito prestito immediato

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Non costituisce un patto immeritevole di tutela ex art. 1322 c.c. né uno strumento finanziario derivato implicito la clausola di un contratto di leasing che preveda:

a) il mutamento della misura del canone in funzione sia delle variazioni di un indice finanziario, sia delle fluttuazioni del tasso di cambio tra la valuta domestica ed una valuta straniera,

b) l’invariabilità nominale dell’importo mensile del canone con separata regolazione dei rapporti dare/avere tra le parti in base alle suddette fluttuazioni.

Deve escludersi che la clausola di “rischio cambio” determini un mutamento della causa del contratto di leasing, dovendo escludersi che la relativa previsione legittimi la conclusione che scopo dell’utilizzatore in tal caso divenga quello di realizzare un lucro finanziario in luogo di quello commerciale di acquistare un immobile, e che la volontà del concedente debba in tale ipotesi ritenersi quella di concludere il contratto al solo fine di speculare sul tasso di cambio.

I citati principi sono stati richiamati e condivisi dalla Corte di cassazione, Sezione 3 civile, con l’ordinanza del 26 settembre 2024 n. 25798, mediante la quale ha accolto il ricorso e cassato con rinvio per nuovo esame la decisione resa dalla Corte di Appello di Trieste con la sentenza n. 119 del 2021.

La vicenda

La società Omega S.a.S. di Euripide Ottone & Co. convenne avanti al Tribunale di Udine la società Hall Bank S.p.A. in relazione ad un contratto di leasing finanziario stipulato in data 11/2005 deducendo che il contratto di leasing stipulato con la convenuta aveva una clausola di indicizzazione al rischio cambio da ritenersi nulla ed illegittima per indeterminatezza, violazione delle norme del TUB e su tale presupposto chiese il rimborso di quanto indebitamente pagato a tale titolo.

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Istituitosi il contraddittorio con la convenuta, il Tribunale di Udine, istruita la causa in via documentale e a mezzo CTU, accolse la domanda accertando e dichiarando la nullità della clausola di indicizzazione contenuta nel contratto e condannando Hall Bank S.p.A. alla restituzione della somma di € 67.549,91.

A seguito di appello interposto dalla Hall Bank S.p.A., la Corte d’Appello di Trieste, con sentenza n. 119 del 2021, in parziale riforma della sentenza di primo grado ha successivamente dichiarato la nullità ed inefficacia della clausola di indicizzazione dei canoni e “rischio cambio” del contratto di leasing per ragioni in parte diverse da quelle ravvisate dal giudice di prime cure.

Ha, infatti, ritenuto che la clausola costituisse un contratto aleatorio stipulato tra il conduttore ed il locatore, una sorta di swap, e come tale fosse non meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c. ed ha altresì aggiunto che la clausola prevedeva un accordo squilibrato nei rischi, tutti posti a carico dell’utilizzatore e che la stessa aveva una formulazione particolarmente astrusa e macchinosa.

Per la cassazione della decisione d’appello, la Hall Bank S.p.A. ha proposto ricorso sulla base di tre motivi, illustrati da memoria.

I motivi di ricorso

Con il primo motivo la ricorrente ha denunziato la nullità della sentenza ex art. 360, comma primo, n. 4) c.p.c., per violazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4) c.p.c., stante l’inesistenza della motivazione in punto di immeritevolezza di tutela e/o nullità della clausola di indicizzazione per variazione del tasso.

La sentenza oggetto di gravame sarebbe da cassare, in quanto avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine ad uno dei motivi di appello; nella specie, si tratterebbe di quello relativo alla dichiarazione di nullità dell’intera clausola D) del contratto, dunque, anche della parte di questa che riguarda l’indicizzazione dei canoni da restituire, non al cambio tra monete, bensì alle variazioni del tasso Libor CHF, che si troverebbe all’interno della sentenza del Tribunale.

Infatti, la motivazione sulla immeritevolezza viene svolta dalla Corte di Appello di Trieste solo in relazione alla clausola di indicizzazione al cambio; nulla sul punto viene svolto relativamente alla clausola di indicizzazione al tasso.

Con il secondo motivo la ricorrente ha denunciato – art. 360, comma secondo, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 c.c. e delle norme che disciplinano la qualificazione del contratto e della clausola contrattuale, in relazione alla statuizione di autonomia e causa propria della clausola di indicizzazione e di rischio cambio e alla sua qualificazione in termini di strumento finanziario derivato – lamentando che la sentenza ha ritenuto che la clausola di rischio cambio abbia una sua autonomia rispetto al contratto di finanziamento.

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Con il terzo motivo la ricorrente ha denunciato, ex art. 360, comma secondo, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1322 c.c., degli artt. 1362, 1363, 1366 c.c. e delle norme che disciplinano la qualificazione della clausola contrattuale, in relazione alla statuizione di mancanza di meritevolezza della clausola di rischio cambio – lamentando la violazione delle disposizioni indicate in epigrafe anche per contrasto con l’ormai consolidato orientamento di legittimità che ritiene la clausola del tutto meritevole di tutela.

La decisione in sintesi

La Corte di cassazione, con la citata ordinanza n. 25798 del 2024, ha ritenuto i motivi fondati e ha accolto il ricorso cassando con rinvio per nuovo esame la decisione impugnata.

La motivazione

Sui punti di doglianza il Collegio ha rilevato che la Suprema Corte -anche a Sezioni Unite- ha già avuto modo di affermare che «non costituisce un patto immeritevole di tutela ex art. 1322 c.c. né uno strumento finanziario derivato implicito la clausola di un contratto di leasing che preveda:

a) il mutamento della misura del canone in funzione sia delle variazioni di un indice finanziario, sia delle fluttuazioni del tasso di cambio tra la valuta domestica ed una valuta straniera,

b) l’invariabilità nominale dell’importo mensile del canone con separata regolazione dei rapporti dare/avere tra le parti in base alle suddette fluttuazioni (v. Corte di cassazione, Sez. Un., 23/2/2023, n. 5657; e, conformemente, Corte di cassazione, Sez. 1, n. 30556 del 3/11/2023; Corte di cassazione, Sez. 3, n. 2510 del 26/1/2024; Corte di cassazione, n. 14805 del 2023, Corte di cassazione, n. 25578 del 2023).

Si è altresì precisato che «ove il contratto preveda una doppia indicizzazione, agganciando le variazioni del canone sia alle variazioni del tasso LIBOR, sia alle variazioni del rapporto di cambio franco/euro, va considerato che l’indicizzazione del canone al tasso LIBOR costituisce una normale clausola onnipresente nei finanziamenti a tasso variabile; essa è pacificamente lecita e non costituisce un derivato; l’indicizzazione del canone alle fluttuazioni del rapporto di cambio costituisce invero una clausola-valore, sicché essa è lecita, e non costituisce un derivato; dalla combinazione di due clausole, tutte e due lecite e non costituenti uno strumento finanziario derivato, non può sorgere un contratto illecito, costituente uno strumento finanziario derivato (v. Corte di cassazione, Sez. Un., 23/2/2023, n. 5657).

Si è posto in rilievo che in applicazione di detti principi deve escludersi che la clausola di “rischio cambio” determini un mutamento della causa del contratto di leasing, dovendo escludersi che la relativa previsione legittimi la conclusione che scopo dell’utilizzatore in tal caso divenga quello di realizzare un lucro finanziario in luogo di quello commerciale di acquistare un immobile, e che la volontà del concedente debba in tale ipotesi ritenersi quella di concludere il contratto al solo fine di speculare sul tasso di cambio (v. Corte di cassazione, Sez. Un., 23/2/2023, n. 5657).

Ancora, nel sottolineare che meritevolezza del contratto e rispetto dei doveri di buona fede sono concetti diversi [il giudizio di meritevolezza vale a stabilire se il contratto può produrre effetti; il giudizio sul rispetto della buona fede assume rilievo sotto molteplici profili: prima della stipula può servire a stabilire se il consenso di una delle parti sia stato carpito con dolo o dato per errore; dopo la stipula può servire a stabilire come debba interpretarsi il contratto (art. 1366 c.c.); dopo l’adempimento può servire a stabilire se questo sia stato inesatto (art. 1375 c.c.); il contratto immeritevole è improduttivo di effetti, il contratto eseguito in contrasto con la buona fede o correttezza fa insorgere il diritto alla risoluzione o al risarcimento del danno], si è precisato che se la pattuizione di una clausola di rischio cambio di per sé non può considerarsi integrare violazione dell’obbligo di buona fede o correttezza va in concreto verificato se la relativa previsione viceversa non la determini in ipotesi di “mancanza di chiarezza e di informazione, conseguenti alla natura puramente speculativa della clausola”, allorquando cioè il finanziatore, pur essendo a conoscenza o potendo conoscere eventuali future fluttuazioni del cambio, non avverta l’altra parte di tale circostanza in sede precontrattuale, in tal caso violando il dovere di buona fede, e, se il contratto è stipulato con un consumatore, pattuendo una clausola determinante un significativo squilibrio tra le parti (v. Corte di cassazione, Sez. Un., 23/2/2023, n. 5657, che fa richiamo a Corte Giust., 20.9.2017, in causa C-186/16, Andriciuc vs. Banca Românească, relativamente a un contratto di mutuo; e a Corte Giust., 20.9.2018, in causa C-51/17, OTP Bank vs. Ilyés and Kiss).

Orbene, nell’impugnata sentenza la Corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi -per la qual cosa è stata dal Collegio cassata con rinvio la decisione- là dove ha fatto riferimento alla macchinosità della clausola, all’aleatorietà degli effetti della medesima, allo squilibrio tra le prestazioni, senza considerare come rientri nell’autonomia privata delle parti prefigurare la possibilità di sopravvenienze che incidono o possono incidere sull’equilibrio delle prestazioni ed assumerne, reciprocamente o unilateralmente, il rischio modificando lo schema tipico del contratto commutativo e rendendolo per tale aspetto aleatorio.

E nella parte in cui ha formulato un giudizio di immeritevolezza del contratto, ex art. 1322, comma secondo c.c. dopo aver accertato circostanze di fatto irrilevanti ai fini del suddetto giudizio (aleatorietà, difficoltà di interpretazione, asimmetria delle prestazioni).

Ecco il link alla decisione: Corte di cassazione, Sezione 3 civile, ordinanza del 26 settembre 2024 n. 25798



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