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La composizione negoziata nell’era del secondo correttivo #finsubito prestito immediato

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Anche la disciplina delle misure protettive e cautelari non è restata immune dalle attenzioni del correttivo, che qui ha operato su due fronti: invero, da un lato si registrano interventi di mera risistemazione topografica, e dall’altro assistiamo ad innesti di particolare rilievo[31]. 

È noto che, contestualmente alla richiesta di nomina dell’esperto, o anche successivamente, l’imprenditore può fare istanza di applicazione di misure protettive del patrimonio, la cui disciplina si deve agli artt. 18 e 19 CCII. La richiesta può essere limitata a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o a determinati creditori o categorie di creditori. Il secondo comma dell’art. 18 dispone che con l’istanza l’imprenditore deposita una dichiarazione sull’esistenza di misure esecutive o cautelari disposte nei suoi confronti. 

La richiesta di applicazione di misure protettive è pubblicata sul registro delle imprese unitamente all’accettazione dell’esperto, (e quindi entro due giorni). 

Ribadito questo, il correttivo interviene in primo luogo chiarendo meglio l’estensione dell’ombrello aperto dalle misure protettive, precisando che i divieti cui sono soggetti i creditori[32] interessano anche le banche[33]. È facile osservare che tale innesto riecheggia quello di cui all’art. 16, comma 5, e ne ripropone, in diversa declinazione, la ratio

La esplicita chiamata in causa delle banche ha prodotto, quale effetto di trascinamento, la ulteriore previsione per cui nella vigenza delle misure protettive queste non possono revocare in tutto o in parte le linee di credito già concesse, con la precisazione che restano ferme la sospensione e la revoca delle linee di credito disposte per effetto dell’applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale. Ciò, si noti, accade indipendentemente dalla misura dell’utilizzo, minore o maggiore rispetto al limite, dell’affidamento accordato. 

Allo stesso modo, il comma 5 bis, nel solco del medesimo obiettivo (impegnare le banche a non ostacolare il processo di risanamento senza tuttavia sacrificare le regole della disciplina della vigilanza prudenziale), prevede per le banche la possibilità di mantenere la sospensione (deve ascriversi a mera dimenticanza la circostanza per cui non sia richiamata anche la revoca) relativa alle linee di credito accordate al momento dell’accesso alla composizione negoziata se “dimostrano che la sospensione è determinata dall’applicazione della disciplina della vigilanza prudenziale”. [34] 

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In buona sostanza, il portato ultimo di queste norme appare essere certamente quello per cui l’onere di una partecipazione fattiva degli istituti di credito al processo di riequilibrio non si traduce in un effetto coercitivo con riferimento al mantenimento delle linee di credito già utilizzate o accordate al momento dell’accesso alla composizione negoziata, ove a ciò osti la disciplina sulla vigilanza prudenziale. 

Va anche ulteriormente notato che il legislatore non indica mai tra le ragioni della sospensione degli affidamenti l’eventuale dissenso dell’istituto di credito rispetto alla natura ed alla portata della 

manovra finanziaria, sia in occasione dell’apertura della composizione, sia nel contesto del procedimento di conferma delle misure protettive (del quale tra un attimo si dirà). E tuttavia occorre osservare che, qualora il risanamento prospettato postuli come necessario il placet della banca e questa comunichi all’esperto il proprio dissenso, l’esperto si troverebbe davanti allo scenario della possibile archiviazione (salvo radicali cambiamenti in corsa), rispetto al quale la banca non potrebbe erogare credito. 

In questo contesto dovrebbe inserirsi il contrappeso dell’art. 22, comma 1, lett. a), a norma del quale il tribunale può autorizzare l’accordo con la banca e l’intermediario finanziario alla riattivazione di linee di credito sospese, con il beneficio della prededuzione. Sennonché laddove una linea di credito sia stata sospesa in applicazione della disciplina della vigilanza prudenziale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 16 e 18 surrichiamati, bisognerà capire quanto le banche siano disposte ad assumere una diversa determinazione (per quanto sorretta anche da un loro interesse ad ottenere il rientro di precedenti linee di credito), confidando nella prededuzione[35]. 

Alcune novità hanno poi interessato il procedimento di conferma, scandito dall’art. 19. 

In questo ambito viene ribadito l’onere di iscrizione a ruolo del procedimento di conferma da compiersi entro il giorno successivo a quello della pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto, e quello della successiva fissazione dell’udienza da parte del giudice nei 10 giorni seguenti, ma si riduce, da 30 a 20, il termine entro cui l’imprenditore deve pubblicare nel registro delle imprese il numero di ruolo generale del procedimento instaurato. È singolare che, nel ridurre questo termine, il legislatore non abbia inteso porre rimedio a quella che appare a chi scrive una palmare incongruenza, rappresentata dalla previsione della inefficacia della misura protettiva quale conseguenza della inerzia del giudice che ometta di fissare l’udienza nel termine di 10 giorni. L’unica seria interpretazione che può darsi a questo anello processuale è quello per cui l’intempestiva fissazione dell’udienza equivale a diniego implicito della conferma. 

Sempre nel conteso del procedimento di conferma viene arricchito il contenuto del parere che l’esperto è chiamato a rendere al fine di offrire al giudice il più ampio ventaglio di informazioni volto ad orientare il contenuto del provvedimento di (eventuale) conferma e fissazione della durata delle misure richieste. Invero, viene previsto che l’esperto, quando è sentito dal Tribunale, deve non solo rappresentare lo stato delle trattative, indicare le attività svolte e riferire in ordine all’esito del test pratico di cui all’art. 13, comma 2, ma anche esplicitare quali attività intende svolgere per il superamento della condizione di squilibrio, crisi o insolvenza. 

Resta fermo che, all’esito dell’udienza, il Tribunale stabilisce la durata delle misure protettive (compresa tra i 30 ed i 120 giorni, prorogabili, fermo restando che le misure non possono avere una durata superiore a 240 giorni) e adotta i provvedimenti cautelari che venissero richiesti, tenuto conto delle misure protettive eventualmente già adottate ai sensi dell’art. 54, comma 1, CCII. 

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Piccoli aggiustamenti interessano anche la proroga delle misure. Qui il correttivo chiarisce che la richiesta di proroga può provenire anche dal debitore (la previgente formulazione faceva riferimento, genericamente, alle parti) e che quando viene sentito in questa occasione l’esperto deve non solo rappresentare lo stato delle trattative ma anche esprimere il proprio parere in ordine alla sussistenza, a quella data, della praticabilità del risanamento ed alla esigenza di prorogare in funzione di esso le misure adottate. 

Nulla cambia in tema di revoca delle misure concesse, la quale sarà disposta dal giudice su istanza dell’imprenditore o di uno o più creditori, su segnalazione dell’esperto o a seguito dell’archiviazione della composizione (che l’esperto deve comunicargli). Con la revoca delle misure cessa anche il divieto di dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale.



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