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Tax Credit, cosè il governo ha abbandonato i lavoratori del cinema #finsubito prestito immediato

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In Italia, molte sono le mobilitazioni dei lavoratori e delle lavoratrici del cinema. Tra set in fase di stallo e un livello di occupazione sofferente, per le piccole e medie imprese sarà sempre più difficile produrre film

Durante la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica che si svolge a Venezia, Nanni Moretti ha invitato i colleghi produttori e registi a essere “più reattivi nei confronti della nuova pessima legge sul cinema”. Maura Delpero ha ricordato l’importanza dei finanziamenti pubblici per i film indipendenti e del dialogo tra le istituzioni e il cinema indipendente, che più risentirà degli effetti dell’ultimo atto formale dell’ex Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.

La legge cinema – legge n. 220/2016 – istituisce il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo. Voluta dall’allora Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, stabilisce i criteri per l’attribuzione delle risorse al settore.

Il governo Meloni, con l’ex ministro Sangiuliano e la sottosegretaria Lucia Borgonzoni, ha effettuato una revisione dei criteri di accesso al tax credit per la produzione e i finanziamenti. Oggi, però, il settore è in una fase di stallo, con il tax credit bloccato e la mancata pubblicazione dei decreti attuativi del nuovo provvedimento.

Fino ad ora, chi investiva nella realizzazione di un film otteneva il 40% di agevolazioni fiscali, mentre con le nuove regole il credito d’imposta è diviso secondo due criteri tra quello destinato alle opere commerciali che hanno mercato e devono avere copertura preventiva del 40% del costo di produzione, e l’accesso automatico ai fondi per le opere prime e seconde, le start-up e le pellicole da festival. Per le opere italiane il tetto massimo resta di 9 milioni; i film medi e piccoli con problemi di liquidità riceveranno in anticipo il 70% del finanziamento ministeriale e, a progetto chiuso, il 30%. In precedenza, le percentuali erano rispettivamente il 40% e il 60%. Per le storie di grandi italiani è riservato un finanziamento di 52 milioni, per le produzioni internazionali lo sgravio fiscale sarà maggiore se con la presenza di attori italiani.

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Sono tre, inoltre, gli scaglioni produttivi cinematografici: i film con un budget maggiore di 3 milioni e mezzo di euro, quelli tra 3 milioni e mezzo e un milione e, infine, quelli sotto il milione e mezzo. I primi dovranno garantire 2.100 spettacoli in almeno 100 sale con proiezioni nella fascia oraria compresa tra le 18.30 e le 21.30 entro quattro settimane dalla prima uscita. I secondi 980 spettacoli in almeno 70 sale, gli ultimi 240 proiezioni obbligatorie in tre mesi. Questi, i più a rischio.

La riforma dei decreti sul tax credit voluta dal governo Meloni metterà in uno stato di crisi le piccole e medie produzioni e l’occupazione che ne deriva, soprattutto in regioni in cui il cinema indipendente e le produzioni locali sono la linfa dell’economia e della cultura.

L’ex Ministro Sangiuliano e il governo Meloni dimostrano, ancora una volta, la manchevolezza del loro ruolo mista alla lontananza dalla società civile, fatta di lavoratori che, ormai da mesi, vivono una fase di stallo in un settore che vede imprese con un fatturato di 13 miliardi di euro solo nel 2022, 8.800 imprese attive con 65.000 lavoratori, 114.000 nelle filiere connesse e un effetto moltiplicatore per cui ogni euro speso dagli investimenti pubblici o privati nel settore vede un ritorno di 3,54 euro.

Le istituzioni, infatti, non rispondono nonostante le proteste dei lavoratori autoriali, la cui occupazione non è evidentemente considerata lavoro. “Siamo ai titoli di coda” è lo slogan da cui prende il nome il comitato fondato dai lavoratori del settore. Già a giugno si chiedeva un sostegno economico da parte dello Stato visto il ritardo nell’emissione dei decreti, la tutela burocratica e legale per i lavoratori senza protezione né contratto nazionale regolare, la revisione e l’attivazione dei decreti attuativi e, infine, la risoluzione dei problemi riguardanti i contributi a fini pensionistici.

Secondo un sondaggio svolto dal comitato e che ha visto 2.776 adesioni, il 60% dei lavoratori è, ad oggi, disoccupato: più del 56% da più di tre mesi, il 46,2% a seguito dell’annullamento del progetto. Il 61,9% non ha alcuna prospettiva lavorativa, mentre il 66% non percepisce nessun tipo di ammortizzatore sociale.

I nuovi criteri ai limiti dell’oligopolio – quasi monopolio – limiteranno la libertà di espressione artistica, appiattiranno l’eterogeneità dell’offerta e ostacoleranno le piccole produzioni indipendenti, a favore di una maggiore internazionalizzazione e standardizzazione della distribuzione, dunque delle multinazionali del settore.

L’11 e il 12 ottobre 2023, il Ministero della Cultura ha invitato associazioni, organizzazioni e operatori dello spettacolo a partecipare alle consultazioni sul Codice dello Spettacolo. Gran parte delle esigenze convergevano sulla riforma complessiva del settore, per il riconoscimento dello spettacolo e, dunque, del grande bacino della cultura come beni primari ed essenziali, una maggiore accessibilità all’organizzazione degli eventi e la lotta al lavoro sommerso.

Il 2023, inoltre, è stato l’anno degli scioperi anche in America (link https://jacobinitalia.it/2023-sciopero-a-hollywood/). Il sindacato che rappresenta molti autori, tramite proteste, ha richiesto di porre al centro del dibattito il peggioramento delle condizioni lavorative derivante dallo sviluppo dei servizi di streaming e delle produzioni televisive.

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Ma quello del tax credit non è stato l’unico oltraggio alla cultura dell’ex Ministro. Con un emendamento al decreto legge è stata anticipata di due anni la fine del mandato del consiglio di amministrazione – ora composto da un presidente e sei membri indicati dai ministri della Cultura, dell’Università, dell’Istruzione e dell’Economia – e del comitato scientifico – con un aumento di due membri – del Centro Sperimentale di Cinematografia, che gestisce la Scuola Nazionale di Cinema e la Cineteca Nazionale.

Le contestazioni sono state molte: se gli studenti hanno protestato chiedendo la presa in considerazione della loro voce nelle decisioni, molti esponenti del cinema hanno firmato una petizione, contrari e preoccupati per le conseguenze di una riforma fatta durante l’estate, tra l’altro, quando l’insegnamento è sospeso.

Non solo. Sangiuliano aveva nominato i componenti della Commissione ministeriale per la concessione dei contributi per i progetti cinematografici, non confermati dal nuovo Ministro della Cultura, Alessandro Giuli, in quanto mancava l’equilibrio di genere.

“Ribadiamo la richiesta non più procrastinabile di compiere analisi puntuali per mettere in campo tutti gli strumenti necessari atti a scongiurare il crollo dell’occupazione, in particolare nel settore della produzione cinematografica”, è quanto è stato affermato durante l’intervento dei lavoratori e delle lavoratrici del settore durante i Nastri d’Argento e a Venezia. Ed è quanto si spera faccia il governo, con urgenza.

GIORGIA CECCA





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