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«Lo Stato non deve dire dove si investe, il governo deve creare l’ecosistema e il mercato decide dove andare», ha esordito ieri Federico Freni a Piazza Affari davanti ad un’attenta platea di investitori istituzionali riuniti per ascoltare la presentazione del Fondo Nazionale Strategico alla presenza dell’ad di Borsa Spa, Fabrizio Testa. Ovvero il veicolo che il Mef e Cdp stanno mettendo a punto per iniettare linfa vitale nelle pmi quotate che soffrono la mancanza di investitori istituzionali e di liquidità, con scambi sempre più anemici e opa lanciate da fondi private equity, in diverse occasioni, a prezzi di super saldo. «Capiamoci, questo fondo non deve essere beneficenza, ma un investimento che rende in un sistema che funziona… In Cina, crisi si traduce in opportunità. Ecco perché abbiamo cercato di risolvere il problema in maniera strutturale, partendo dal Libro verde, poi con la Legge Capitali e quindi con la commissione per riformare il Tuf, il testo unico della finanza. Questa è la cornice, poi abbiamo pensato ad un veicolo che investa nelle pmi», ha proseguito Freni.
Il Mef mette 1 euro, i privati 3
Giovanni Gorno Tempini, presidente di Cdp, ha sottolineato che «la finanza è un mezzo e può aiutare, sia da parte dello Stato, sia sul fronte dei capitali privati. In passato quando Cdp ha investito nel private equity e nel venture capital, il moltiplicatore è stato di tre volte: 1 euro lo mettevamo noi, 3 euro arrivavano dagli investitori privati». Questo significa che la Cassa investirà 350 milioni di euro nel Fondo Strategico Nazionale, si aspetta poi che oltre 1 miliardo arrivi dai oggetti istituzionali. Fra questi, anche capitali provenienti dal retail più sofisticato, come è emerso dalla presentazione di Francesco Mele, ad di Cdp Equity: «Abbiamo identificato in Patrimonio Rilancio lo strumento di mercato per investire, un veicolo che richiedeva modifiche normative che in parte sono state fatte. Abbiamo quindi chiesto a gestori e sgr che tipo di fondi costruire come sottostante e agli investitori che cosa si aspettano come rischio e rendimento».
Ha preso definizione in questo modo il Fondo Nazionale Strategico, un fondo indiretto, perché investe in 10 fondi chiusi (possono staccare dividendo) di nuova creazione e di diritto italiano, tutti da 35 milioni l’uno di apporto di capitale pubblico, che andranno a investire a Piazza Affari. Mele ha anticipato che i fondi saranno indirizzati ai soggetti istituzionali e al retail qualificato (per intenderci, chi ha patrimoni importanti e conosce i meccanismi finanziari).
Dove può investire l’umbrella fund
Quanto alle regole, «il fondo può investire in Ferrari, che è quotata in Italia ma non in Prada, che è scambiata a Hong Kong», ha precisato Mele. «I gestori avranno poche regole: la prima è che la quota prevalente, almeno il 70% del gestito, deve confluire in titoli quotati italiani emessi da emittente di piccola e media capitalizzazione. La seconda è che il 30% rimanente può essere investito anche nel Ftse Mib e in titoli di debito, come i Btp». Il fondo ha vita minima di 5 anni e va in ogni caso liquidato entro il 31 dicembre 2032. Cdp si aspetta che il veicolo parta nel primo semestre del 2025.
Questo progetto di fondo per Piazza Affari «non è che il tassello di un disegno di rivitalizzazione del ciclo dell’equity e del mercato dei capitali che perseguiamo dal 2018», interviene Giulio Centemero, membro della Commissione Finanze, la mente dietro alla definizione del fondo di fondi. «Dalla legge capitali alla riforma del Tuf, dall’eliminazione dell’unicità di possesso dei Pir al fondo di fondi gli obiettivi sono comuni: portare risorse sull’economia reale. Perché farlo sui mercati? Perché come evidenziato da diversi imprenditori, tra cui Brunello Cucinelli, questi spingono le imprese alla crescita costante e alla longevità».
Simone Strocchi, managing partner di Electa Ventures, spiega di «aver lavorato col governo in questi mesi assieme ad altri soggetti istituzionali alla definizione del progetto, pensando alla necessità di far nascere diversi fondi chiusi, come nel private equity, che investano in società quotate, per permettere ai gestori e alle stesse pmi di essere meno dipendenti dai mercati volatili. Nel primo trimestre 2025 prenderanno vita i singoli fondi in cui investirà Cdp che metterà fino al 49% della raccolta, il resto arriverà dai privati istituzionali. Poi mi attendo che i fondi chiusi proseguiranno la raccolta con il retail qualificato per completarla entro fine anno». Entro fine anno Cdp deve definire il regolamento del fondo, che AssoNext, l’associazione delle pmi quotate presieduta da Giovanni Natali leggerà «con grande attenzione». Ieri Gian Marco Salcioli, Head of Strategic Marketing & ESG Initiatives, di Intesa Sanpaolo, ha messo in evidenza che «diversificare le fonti di finanziamento è importante per le pmi, il 70% delle quale ha ancora le banche come fonte primaria. Aumentare gli scambi e la liquidità delle imprese quotate è fondamentale». (riproduzione riservata)
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