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«Poco prima del raid Nasrallah aveva detto sì alla tregua» #finsubito prestito immediato

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I quartieri cristiani di Beirut est, gestiti per la maggior parte da Kataeb e Forze Libanesi, ostili da sempre a Hezbollah, cominciano a esporre sempre più bandiere dei loro partiti di destra cristiana. Il ribilanciamento di forze che necessariamente sta avvenendo nell’area ha un effetto all’interno del paese e sul resto delle formazioni politiche presenti, per il momento in maniera ancora pacifica.

C’era un accordo con Macron e Biden per 21 giorni di cessate il fuoco. Netanyahu era d’accordo e lo era anche Hezbollah. Poi avete visto quello che è successo Abou Habib

C’È FERMENTO però e lo sblocco della questione presidenziale sarebbe centrale. Il presidente della Repubblica, espresso dai vari gruppi cristiani, manca in Libano da due anni. Il precedente, Michel Aoun, ha basato la sua presidenza su un’alleanza di fondo con Hezbollah, in pieno disaccordo col resto dei cristiani. Il paese è oggi retto da un governo ad interim, molto limitato nei movimenti. Decidere il presidente vuol dire certamente posizionarsi. Ritornano le voci sul generale Joseph Aoun (cugino dell’ex presidente, ma non affiliato), capo di un esercito libanese quasi interamente finanziato dagli Stati uniti.

Israele «non permetterà a Hezbollah di istallarsi nuovamente» nel sud del Libano, ha affermato il generale di corpo d’armata Herzi Halevi ieri sera. Una dichiarazione importante e che apre alla possibilità di estendere il conflitto fino al raggiungimento di questo nuovo obiettivo, cosa che potrebbe però prolungare la guerra bel oltre «breve invasione» del territorio libanese annunciata da Israele.

Una dozzina i bombardamenti solo nella notte tra ieri e mercoledì. Beirut colpita nella Dahieh, la sua periferia sud, come è ormai consuetudine, e in un luogo tutt’altro che scontato. Parliamo di Bachoura, quartiere sciita a ridosso della centralissima Piazza dei Martiri, quella su cui insiste la famosa moschea Al-Amin dalla cupola blu.

Il comitato sanitario islamico, l’associazione di soccorso di Hezbollah, ha confermato ieri mattina che sette dei suoi soccorritori sono stati uccisi nel bombardamento che ha colpito il centro dell’organizzazione. Il bilancio relativo del ministero della Salute è di nove morti e 14 feriti. A Bachoura, Zuqaq al Blat, Basta, Zarif, tutti quartieri sciiti dell’area, nei giorni passati c’è stato un grande afflusso di sfollati civili in fuga dal sud e dalla Beka’a, ospitati in scuole o spazi adibiti a centri di accoglienza. Si spara su personale medico e paramedico e sui civili.

HEZBOLLAH È, oltre a una milizia, un partito importante, ha una rete di associazioni nelle quali lavorano sopratutto civili che offrono servizi medici, scolastici, di assistenza, in alternativa a uno stato dall’economia ora in crisi, ma fortemente neo-liberista e da sempre poco attento alla questioni sociali.

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Nei vari bombardamenti di ieri nella capitale, che sono andati avanti durante tutta la giornata, colpito anche l’ufficio della stampa di Hezbollah a Beirut sud; ancora in serata bombe su Hay el-Sellom, nel quartiere di Laylaki e a Chiyah, oltre all’attacco verso le nove locali di un magazzino di Hezbollah, stando a quanto riporta l’esercito israeliano.

È LA «DOTTRINA DAHIEH», nome dato nella guerra del 2006, quando Israele ora come allora decise di distruggere su larga scala infrastrutture civili per far pressione sul governo o sul gruppo armato.

Un militare libanese, ha annunciato l’esercito, è morto ieri pomeriggio in un bombardamento, mentre partecipava ad operazioni di soccorso a Taybeh (Marjayouneh) assieme alla croce rossa libanese, quattro membri della quale sono stati a loro volta feriti. Un secondo soldato ucciso invece a Bint Jbeil in un bombardamento che ha preso una caserma e che ha provocato la prima risposta dell’esercito libanese ha al fuoco israeliano.

L’azione di Israele diventa sempre più distruttiva nei luoghi materiali in cui Hezbollah è presente, nella capitale e nel resto del paese: a sud, a est, ma anche in posti come Mayssara (Kesrouan), o Aley, in cui anche la minima presenza di comunità sciite, che ospitano eventualmente quadri minori del partito di Dio, diventano oggetto di raid. Anche ieri il sud e la valle della Beka’a sono state martoriate.

DAL CAMPO arriva la notizia in serata, comunicata da Hezbollah, di «aver ucciso 17 tra ufficiali e soldati israeliani». Otto quelli uccisi il giorno prima, sempre al confine. In questi giorni di tentativi di incursione, l’esercito israeliano è avanzato solo di poche centinaia di metri e in molti casi è stato respinto dalle milizie sciite.

Il ministro degli esteri Abou Habib ancora a New York, ha rilasciato un’intervista a Cnn in cui ha rivelato di un accordo sul cessate il fuoco di poco precedente all’uccisione di Hassan Nasrallah venerdì scorso in un attacco che ha sventrato Haret Hrek e polverizzato sei palazzi.

PER HABIB «C’ERA UN ACCORDO con Macron e Biden per 21 giorni di cessate il fuoco. Sappiamo che Netanyahu era d’accordo, come era d’accordo anche Hezbollah. Poi avete visto tutto quello che è successo». L’inviato della Casa bianca Amos Hochstein avrebbe fatto da negoziatore. Oggi a Beirut il ministro degli Affari esteri iraniano Abbas Araghchi per parlare con i responsabili locali.

127 I BAMBINI UCCISI, dei 1974 morti che ha contato ieri pomeriggio in conferenza stampa il ministro della Salute libanese. Un milione gli sfollati che stanno creando una crisi umanitaria non facilmente sostenibile dallo stato libanese. Al momento la risposta arriva anche da ong locali e internazionali, ma nel caso precipiti il conflitto potrebbe esserci un collasso civile, prima ancora di quello delle strutture.

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