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Il governo si prepara a intervenire nuovamente sul fronte pensioni con la Manovra 2025. L’obiettivo principale sembra essere quello di innalzare ulteriormente le pensioni minime, portandole oltre i 621 euro.
Quest’anno, grazie a un intervento “in via transitoria” previsto dalla Legge di Bilancio 2023, le pensioni minime hanno raggiunto i 614,77 euro, con un aumento del 2,7% rispetto ai 598,61 euro dell’anno precedente.
La Manovra 2025 dovrà quindi confermare tale aumento, evitando un ritorno ai livelli del 2023, e aggiungere un ulteriore incremento, probabilmente dell’1%, oltre alla rivalutazione standard legata all’inflazione. Per l’aumento delle pensioni minime nel 2024, la spesa prevista nella legge di Bilancio è stata di 379 milioni di euro.
Per quanto riguarda l’indicizzazione delle pensioni, sembra che il governo intenda garantire l’indicizzazione piena per tutti gli assegni, considerando il forte calo dell’inflazione registrato nell’ultimo anno. La decisione segue due anni di tagli alle rivalutazioni per gli assegni più alti.
Sul fronte dell’uscita anticipata dal lavoro, le misure attualmente in vigore – Ape sociale, Opzione donna e Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi con ricalcolo contributivo) – dovrebbero essere riconfermate con le stesse regole stringenti applicate a partire da quest’anno. Tuttavia, il governo starebbe valutando delle modifiche al cosiddetto “Bonus Maroni”, l’incentivo per chi sceglie di restare al lavoro pur avendo maturato i requisiti per la pensione anticipata. Dato lo scarso successo di questa misura nel 2024 – solo poche centinaia di persone ne hanno usufruito – si starebbero studiando diverse opzioni per renderla più appetibile.
Tra le ipotesi al vaglio, l’esenzione fiscale o la riduzione della tassazione per i contributi versati, oppure il mantenimento della quota di pensione piena per chi continua a lavorare, considerando la parte in busta paga come contribuzione figurativa. Tale possibilità potrebbe essere estesa anche a chi ha maturato 42 anni e 10 mesi di contributi.
Un’altra novità allo studio riguarda il Tfr. Il governo starebbe valutando l’introduzione di un nuovo semestre di silenzio-assenso per il conferimento del Tfr alla previdenza integrativa. La misura riguarderebbe sia i nuovi assunti che i lavoratori già occupati che non hanno ancora conferito il Tfr maturando ai fondi pensione.
Infine, si discute della possibilità di allineare le regole per l’uscita anticipata dei dipendenti pubblici a quelle del settore privato. L’obiettivo è permettere ai lavoratori pubblici che hanno compiuto 65 anni e maturato i requisiti per la pensione anticipata di restare al lavoro su base volontaria, senza il rischio di essere collocati in pensione d’ufficio dall’amministrazione, come avviene attualmente.
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