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I paesi in via di sviluppo chiedono una riforma dell’architettura finanziaria globale #finsubito prestito immediato

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In un momento di grave crisi nei rapporti internazionali la settantanovesima Assemblea Generale delle Nazioni Unite di fine settembre a New York si è inevitabilmente concentrata sui crescenti rischi di escalation militare, soprattutto nella regione mediorientale e in Ucraina, e di una guerra globale. 

Nel contesto dell’Assemblea annuale si è tenuto per la prima volta anche un summit dei paesi del G20. Insieme ai tanti appelli per un auspicabile processo di pace, i paesi emergenti si sono fatti promotori anche di un forte multilateralismo, di una profonda revisione dell’assetto delle Nazioni Unite, in particolare del Consiglio di sicurezza., e di una riforma dell’architettura economica, finanziaria e commerciale globale. Al riguardo si sono pronunciati Brasile, India e Sudafrica, tre membri fondatori dei Brics. È il caso di non ignorarlo perché è in discussione l’assetto di un nuovo ordine mondiale multilaterale e multipolare. 

Lula da Silva, il presidente del Brasile, attuale detentore della presidenza del G20, è stato il più chiaro. «Non siamo stati capaci di rispondere alle crisi globali perché abbiamo scambiato il multilateralismo con le azioni unilaterali e con accordi di esclusione», ha affermato. In questo modo le istituzioni multilaterali hanno perso la loro credibilità. 

«Se i paesi ricchi desiderano avere il sostegno del mondo in via di sviluppo per affrontare le molteplici crisi del nostro tempo, il Sud del mondo deve essere pienamente rappresentato nei principali forum decisionali», e ha aggiunto che «la prima area di attenzione è eliminare il carattere fortemente regressivo dell’architettura finanziaria internazionale».

I tassi d’interesse imposti ai paesi del Sud del mondo sono molto più alti di quelli applicati alle nazioni sviluppate. I paesi africani prendono in prestito a tassi fino a otto volte superiori a quelli della Germania e quattro volte superiori a quelli degli Stati Uniti, ha sottolineato Lula.

Il livello di debito, che colpisce gravemente alcuni paesi emergenti, strangola qualsiasi investimento in infrastrutture, benessere e sostenibilità. Nel 2022, la differenza tra gli importi pagati dal mondo in via di sviluppo ai creditori esteri e quelli ricevuti è stata di quarantanove miliardi di dollari. «È un piano Marshall al contrario, in cui i più poveri finanziano i più ricchi», ha spiegato il presidente brasiliano. 

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Senza una maggiore partecipazione dei paesi in via di sviluppo alla gestione del Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale, non ci sarà alcun cambiamento efficace. Mentre gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu sono in ritardo, le centocinquanta più grandi aziende del mondo hanno guadagnato milleottocento miliardi di dollari negli ultimi due anni. Le fortune dei primi cinque miliardari del pianeta sono più che raddoppiate dall’inizio di questo decennio, mentre il sessanta per cento dell’umanità è diventato più povero. Così ha sottolineato Lula.

In sintesi, le istituzioni di Bretton Woods ignorano le priorità e le esigenze del mondo in via di sviluppo. Esso non è rappresentato in un modo coerente con il suo attuale significato politico, economico e demografico. Purtroppo, il summit del G20, sotto le pressioni degli Stati Uniti e del resto dell’Occidente, rispetto alla riforma dell’architettura finanziaria internazionale si è limitato a «promuovere dei miglioramenti» e a «mobilitare delle possibilità finanziarie».

Mentre la spesa militare globale è aumentata per il nono anno consecutivo, raggiungendo i duemilaquattrocento miliardi di dollari, i fondi impegnati nella lotta alla povertà sono diminuiti. Il numero di persone che soffrono la fame è aumentato di oltre centocinquantadue milioni dal 2019. Ciò significa che il nove per cento della popolazione mondiale, cioè settecentotrentatré milioni di persone, è denutrita.

Il presidente Narendra Modi, in rappresentanza dell’India, la più grande democrazia del mondo e di 1,3 miliardi di indiani, ha sottolineato che «il successo dell’umanità risiede nella nostra forza collettiva, non nel campo di battaglia. Le riforme delle istituzioni globali sono essenziali per la pace e lo sviluppo globale». Dopo aver evidenziato che l’India ha saputo portare duecentocinquanta milioni di persone fuori dalla povertà, ha voluto valorizzare l’adesione permanente nel G20 dell’Unione Africana ottenuta al Summit di Nuova Delhi. Un passo importante nella riforma del sistema globale.

Dal canto suo, il presidente del Sud Africa Cyril Ramaphosa ha ribadito la centralità delle Nazioni Unite, invocando, però, una sua profonda riforma. Per esempio, il Consiglio di sicurezza dell’Onu, creato settantotto anni fa, non è mai cambiato escludendo così l’Africa e i suoi 1,4 miliardi di abitanti dalle strutture decisionali chiave. Si ritiene che l’esclusione dell’Africa e dell’America latina sia un retaggio del dominio coloniale passato. 

Dopo aver denunciato che il debito è la pietra al collo dei paesi in via di sviluppo e che il servizio del debito sta derubando i paesi di fondi tanto necessari per la sanità, l’istruzione e la spesa sociale, Ramaphosa ha detto che «il Sudafrica sostiene l’appello del Segretario generale dell’Onu per la riforma dell’architettura finanziaria globale per consentire ai paesi di sollevarsi dalle sabbie mobili del debito». Nel 2025 il Sudafrica assumerà la presidenza del G20 e intende portare avanti queste istanze. 

Quando l’Onu fu creato c’erano cinquantuno paesi oggi ne fanno parte centonovantatré. Lula provocatoriamente ha così posto la sfida: «Non possiamo aspettare che accada un’altra tragedia mondiale, come la seconda guerra mondiale, e solo allora costruire una nuova governance globale sulle sue macerie». Il futuro dipende dalla nostra capacità di trasformare le parole in azioni e il multilateralismo e la giustizia sociale e ambientale sono i pilastri portanti per costruire un mondo più equilibrato e sostenibile.



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